In molti si chiedono se riuscirà a mantenere le promesse della campagna elettorale, riuscendo a convincere l'amico Putin a sospendere la guerra in Ucraina.
Tuttavia, in queste riflessioni, si dimentica un elemento cruciale: gli Stati Uniti, per il governo di Mosca, rappresentano ancora una nazione ostile, direttamente coinvolta nel conflitto contro la Russia.
Per questo motivo, non basta un cambio di Presidente per stravolgere gli obiettivi militari già stabiliti, come sospendere le operazioni significherebbe abbandonare lo "scopo" iniziale di questa guerra e tradire le promesse fatte al Presidente ucraino Zelens'kyj.
Abbandonare ora il popolo ucraino in guerra e rinunciare al sostegno internazionale precedentemente offerto potrebbe compromettere del tutto la politica di Zelens'kyj.
Tale "dietrofront" infatti isolerebbe l'Ucraina e potrebbe portare al potere un nuovo leader, forse più incline a nuovi compromessi con la Russia pur di ottenere rapidamente la pace; quest'ultimo potrebbe difatti accordare le concessioni territoriali richieste da Putin, abbandonando definitivamente tutte quellle aspirazioni di una modernizzazione dell’alleanza e della sicurezza europea.
In effetti, quanto è stato compiuto finora ha rappresentato una vera provocazione che ha eroso la fiducia con l'ex partner russo, da cui — ricordiamo — dipendiamo ancora anche noi, sì... per gas e petrolio.
L’eventualità di impedire l’ingresso dell’Ucraina nella NATO rappresenterebbe quindi una minaccia non solo perché non porterebbe alla fine del conflitto, ma rischierebbe di allargarlo, coinvolgendo anche quei paesi confinanti.
Non va dimenticato inoltre come alla fine della Guerra Fredda, l'Unione Sovietica ricevette più volte rassicurazioni da Stati Uniti e Germania, in particolare che la NATO non si sarebbe mai estesa oltre i confini della Germania riunificata.
Come sappiamo, però, quella promessa non fu rispettata: dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, quasi tutti i paesi ex-comunisti aderirono alla NATO, spingendo i confini dell'Alleanza fino alla Russia, che percepì questa espansione come una grave umiliazione.
Negli anni, paesi come Albania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Macedonia, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria sono entrati nella NATO e di recente, anche Finlandia e Svezia hanno presentato la propria candidatura, rinunciando alla neutralità; l’Ucraina stessa, già nel 2008, aveva avviato il processo di adesione.
Quindi, in questo scenario complicato, sperare che Trump possa ora "miracolosamente" risolvere la situazione appare irrealistico.
Tuttavia, un cambiamento potrebbe essere possibile ma solo tramite concessioni territoriali e politiche significative per la sicurezza della Russia, compresa la revoca delle sanzioni internazionali.
Ritengo quindi che solo con un'apertura economica — inclusa la ripresa delle importazioni ed esportazioni di beni essenziali, dai prodotti agricoli agli industriali — si potrebbe forse intravedere una via di uscita diplomatica, altrimenti una soluzione - vedrete - non si realizzerà prima del 2026!