Il primo scenario mette in evidenza una frattura interna alla criminalità organizzata stessa.
Già... da un lato, vi sono i capi detenuti, figure storiche che dal carcere cercano di mantenere la loro influenza attraverso strategie orientate a ottenere benefici legali, come sconti di pena e allentamenti delle rigide misure detentive. Il loro obiettivo non è soltanto personale: garantire il controllo delle proprie cosche e preservare il potere anche dall'interno del carcere rappresenta una forma di continuità del dominio.
Dall'altro lato, vi è una nuova generazione, attiva sul territorio, che considera i detenuti come un ostacolo al consolidamento degli affari, specie in seguito ai danni reputazionali e operativi causati da azioni eclatanti del passato. Questa nuova leadership sembra preferire un approccio più silenzioso e meno esposto, concentrato sulla gestione economica e sulle alleanze strategiche. Non è escluso che questa frattura sia stata acuita da calcoli interni che hanno portato a tradimenti mirati per eliminare le figure ritenute scomode.
Il secondo scenario riguarda il rapporto tra la criminalità organizzata e alcuni settori delle istituzioni.
Qui emergono tensioni legate a promesse politiche non mantenute, che avrebbero alimentato malumori tra i boss incarcerati. Tra queste promesse figurano questioni come l'abolizione di regimi detentivi particolarmente duri, la revisione di processi penali e modifiche legislative favorevoli. Le dichiarazioni di alcuni esponenti del crimine organizzato sembrano denunciare apertamente la percezione di essere stati strumentalizzati da settori della politica, utilizzati come merce di scambio durante momenti di campagna elettorale e poi abbandonati.
Tali dinamiche come ben sappiamo non sono nuove...
Già in passato si è rilevato come la criminalità organizzata puntasse a instaurare nuovi equilibri politici ed economici, cercando interlocutori istituzionali che potessero garantire il ripristino di vecchie complicità o la creazione di nuovi legami strategici. La capacità di sfruttare trattative sotterranee con lo Stato, o almeno con alcune sue componenti, emerge come un tratto ricorrente nelle strategie di lungo periodo del crimine organizzato.
Un elemento significativo di questa complessa rete di relazioni è rappresentato dalle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia, il cui contenuto, spesso custodito con estrema segretezza, ha rivelato dettagli inquietanti sulle modalità di interazione tra politica, istituzioni e criminalità. Le implicazioni di tali rivelazioni sono di tale gravità che hanno richiesto, in alcuni casi, interventi ai massimi livelli istituzionali per discuterne la portata e le conseguenze.
Questa complessa trama di rapporti, fatta di alleanze temporanee, tradimenti e calcoli strategici, evidenzia quanto sia profonda e ramificata l'interconnessione tra politica, istituzioni e criminalità organizzata.
Questa realtà, in cui alcuni esponenti politici e istituzionali scelgono di piegarsi ai voleri della criminalità organizzata per interessi personali, non può che suscitare in me una profonda amarezza.
Sì... è desolante constatare come chi dovrebbe incarnare l'etica e il senso di giustizia si trasformi in complice di un sistema corrotto, svendendo il bene comune per tornaconto individuale.
Ogni compromesso, ogni promessa tradita e ogni silenzio complice non fa altro che rafforzare un circolo vizioso che priva la società di fiducia nelle sue istituzioni.
Già... un completo tradimento non solo della legge ma anche del popolo che quelle istituzioni dovrebbe poter considerare un baluardo contro ogni forma di sopraffazione!!!
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