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domenica 4 maggio 2025

Gaza Cola: quando una lattina diventa un atto di resistenza!

Vorrei stamani aprire questo post con una frase, sì... quella che ogni mattina alla "fera o luni" di Catania, un venditore ambulante pronuncia spingendo quel suo carrello pieno di bibite tra la folla e lanciando ai passanti questa domanda: Hai sete...? Vuoi vivere??? 

Sì... parliamo di un punto d'incontro caratteristico che riunisce non solo per i miei concittadini, ma anche i molti turisti che ogni fine settimana giungono sull'isola, e così, tra loro, quel gioco di parole in dialetto "viviri", viene confuso con "vivere", mentre noi siciliani sappiamo che sta a significare "vuoi bere?", ma da questo equivoco si può prendere spunto e cioè che se non bevi, non puoi sopravvivere, perché senza acqua, senza quel semplice gesto, non vi è sopravvivenza. 

Ed allora, ripensando a quella domanda mi sono chiesto: ma quando apriamo una lattina, sappiamo davvero cosa stiamo sostenendo? 

Già... perchè dietro ogni sorso si nasconde un sistema e così mentre le multinazionali bevono risorse, interi popoli lottano per l’essenziale. E allora, se la sete è vita, dovremmo chiederci: la nostra scelta disseta chi ha davvero bisogno?

E se invece quel gesto potesse diventare qualcosa d'importante, ad esempio con le nostre azioni potremmo fare in modo che si creasse un ponte tra chi vive agiatamente bene e chi soffre?

Ecco "Gaza Cola", potrebbe esssere questo! Non solo una bevanda, ma bensì un atto di solidarietà concreta, un modo per trasformare ogni nostro sorso in sostegno. 

Sì... una lattina avvolta nei simboli della Palestina che racconta una storia di resistenza, quella di un popolo che non chiede elemosina, ma opportunità, rinascere grazie a un'idea semplice: bere... sì ma diversamente.

Bisogna ringraziare Osama Qashoo, il regista e attivista palestinese che ha lanciato Gaza Cola: in un mondo dove tutto è finanziamento indiretto, persino una bibita può essere un’arma di ricostruzione. Niente multinazionali, niente complicità con l’oppressione. Solo un progetto interamente palestinese, dalle materie prime al lavoro, che reinveste ogni centesimo nella comunità di Gaza.

E mentre i numeri della crisi umanitaria fanno girare la testa (ospedali distrutti, medicine inesistenti, un intero sistema sanitario al collasso), "Gaza Cola" prova a rispondere con un modello diverso: certo... piccoli passi, ma tangibili. Prima l’ospedale da campo con i paracaduti degli aiuti umanitari trasformati in tetti e poi, passo dopo passo, la ricostruzione...

Ed ora tocca a noi! Già la domanda che dobbiamo porci è: possiamo permetterci di ignorare alternative come questa? In un momento in cui le parole “boicottaggio” e “disinvestimento” risuonano sempre più forte, Gaza Cola offre una strada chiara. Non è una donazione, non è carità: è scambio. È dire: io scelgo dove va il mio denaro, e voglio che sostenga chi resiste.

Ho letto che la lattina arriverà presto anche nel nostro Paese, abbiamo quindi l’occasione di fare di più che condividere un semplice post, già possiamo acquistarla al posto di altre ben più famose, possiamo portarla nelle nostre case, ma non solo, negli ambienti di lavoro, nei bar, locali commerciali, etc... 

Mi sono chiesto: quante altre iniziative così potrebbero nascere, se solo gli dessimo maggiore spazio?

Perché alla fine, "Gaza Cola", non chiede di cambiare il mondo, chiede soltanto di ricordarci che ogni nostro gesto, persino il più banale, può avere un peso. 

E allora, la prossima volta che avremo sete, forse varrebbe la pena di pensarci due volte e scegliere "Gaza Cola"!

Hai siti, vuoi viviri?

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