
Da un paio di mesi la città di Palermo mi accoglie, e oggi, trovandomi in via Roma, ho voluto ringraziarla condividendo ciò che ho vissuto durante la festa della Madonna.
Una folla di fedeli ha preso parte alla celebrazione, deponendo rose – offerte dai Vigili del Fuoco – ai piedi della statua posta in cima a una colonna.
Come in tutte le feste religiose, non mancava nessuno: dall’Arcivescovo con la sua omelia ai politici e militari in primo piano sul palco (senza dimenticare le confidenze ironiche di Emanuele, un ragazzo accanto a me).

E poi i futuri seminaristi in vesti bianche, i parrocchiani devoti con il Sacro Cuore di Gesù sul petto, e i giovani volontari che, pieni di speranza, credono nel cambiamento attraverso l’amore e la parola di Dio – anche se, a volte, senza approfondire quel patrimonio scritto che potrebbe guidarli verso una spiritualità più consapevole.
Non mancavano neppure chi vive ai margini della comunità, ma che in queste occasioni trova conforto nell’organizzare processioni, preghiere o semplicemente nell’essere presente.
E poi i negozianti, che approfittano dell’evento per tenere aperto, cercando di vendere la loro merce – un’abitudine antica, se pensiamo ai mercanti cacciati da Gesù dal Tempio di Gerusalemme.

La banda intonava canti religiosi, le acclamazioni si alzavano, gli applausi concludevano la cerimonia.
Poi, tutto è tornato alla normalità: chiacchiere, preoccupazioni quotidiane, programmi per la serata.
Quell’attimo di devozione sembra svanire troppo in fretta, lasciando spazio all’indifferenza di sempre.
Quante volte, dopo un’esperienza che dovrebbe commuoverci, riprendiamo la routine come se nulla fosse?
Ma oggi, tra le tante cose, ho coltivato un desiderio: che Yara, quella ragazzina il cui nome tutti conosciamo, possa presto tornare a casa e lasciarsi alle spalle questi giorni bui.
Perché in fondo, anche se a volte la fede sembra un rituale distratto, è nelle speranze più semplici che si nasconde la vera devozione.
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