Buongiorno, una mia cara lettrice mi ha scritto ieri sera questa nota:
Caro Nicola, ho letto il post scritto l’altro ieri e anche quello dello scorso mese e, pur apprezzando sempre le tue riflessioni - di cui alcune considero giustissime - ritengo però che, quando trattiamo temi come la famiglia e la vita, non possiamo più avere nessun indugio: occorre mettere ordine, fare regole chiare che poi possano prevedere eccezioni.
Il clima di incertezza, fondato sui casi singoli, non può continuare a generare confusione, rischiando di produrre una società anarchica, senza radici, senza quei valori e quei riferimenti che tengono insieme il tessuto comunitario. Troppi segnali negativi arrivano da ogni parte, e si avverte una deriva sociale sempre più grave.
Certo, siamo aperti alle eccezioni, ma le regole restano fondamentali. Ecco perché il convegno di domani a Messina sarà certamente un incontro interessante, specie per i giovani, ma anche per noi attempati, che forse, nella nostra frenesia di modernità e progressismo, abbiamo reso deboli e incerti proprio coloro che avevamo il compito di guidare. Con affetto ti abbraccio.
Cara ………, ho letto la tua mail e vorrei dirti che apprezzo sempre la tua tenacia e, soprattutto, mi piace la tua determinazione. È proprio perché so di poter contare su un confronto schietto, genuino e senza compromessi che mi sento - in un qualche modo - legato a te.
Avendo saputo di questo secondo incontro a Messina, dopo quello realizzato in precedenza a Catania, ho sentito il bisogno di scrivere nuovamente, cercando ancora una volta di essere me stesso: pur riconoscendo il valore di quanto si sta provando a costruire attraverso questi incontri, non volevo che la mia promozione dell’evento venisse letta - dai miei lettori e non solo - come una mera propaganda, tanto più sapendo che alcuni relatori sono legati a uno schieramento politico o a un periodico di ispirazione cristiana.
Per me, ascoltare non significa dover cambiare idea; significa, piuttosto, arricchirsi con la visione altrui, anche quando non la si condivide. Ecco perché non smetterò mai di ringraziarti per quanto mi hai scritto in questi anni: con te so di poter contare su un confronto costruttivo, capace di tenere insieme rispetto e libertà di pensiero.
In fondo, noi due siamo come il quadro rappresentato sopra: due strade che all’apparenza sembrano lontane, ma che, proseguendo il cammino, si avvicinano sempre di più fino a incontrarsi. Perché, al di là delle differenze, entrambi desideriamo una società solida, capace di offrire orientamento - soprattutto alle nuove generazioni. Tu temi che la moltiplicazione dei casi particolari indebolisca il senso comune; io temo che l’imposizione di regole rigide, per quanto ben intenzionate, possa soffocare la complessità delle vite reali.
Difatti, tu vedi nel ritorno a principi chiari una cura per la deriva; io, viceversa, vedo nel riconoscimento del dubbio una forma di responsabilità morale. Eppure, entrambi riconosciamo che le eccezioni esistono, e che vanno accolte.
La differenza, forse, sta nel punto di partenza: per te, la regola viene prima e l’eccezione dopo; per me, la persona viene prima, e la regola deve saperla accompagnare, non imprigionare.
Non si tratta quindi di una contrapposizione sterile, ma di un dialogo necessario per far crescere la società. Nessuna comunità, infatti, può reggersi solo sull’assolutezza dei principi, né solo sulla frammentazione delle esperienze. Ha bisogno di entrambe: di radici e di ali.
Di chi ricorda che esistono confini, e di chi ricorda che esistono volti dietro ogni eccezione.
Forse, allora, non si tratterà più di scegliere tra ordine e apertura, ma di cercare un ordine capace di accogliere l’apertura, e un’apertura che non rinneghi il bisogno di orientamento.
Certo, è un equilibrio fragile, ma è l’unico che rispetti insieme la dignità della comunità e la libertà della coscienza.
E per questo continuerò ad andare a questi (e ad altri incontri) non come portavoce, ma come semplice cittadino in ascolto. E poi, come sempre accade dopo queste circostanze, continuerò a scrivere, non per convincere, ma per invitare i miei lettori a pensare.
Sì… proprio come fai tu, con quella schiettezza che tanto ammiro.
Con affetto,
Nicola
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