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venerdì 7 novembre 2025

Il ritmo che conosciamo: Quando il bando non è una gara.

Si torna a parlare di gare d'appalto, ed è come riaprire un libro di cui si conosce già il finale, ma la cui lettura continua a turbare. Mi riferisco a una sensazione che conosco bene, fatta di sospetti che si accumulano giorno dopo giorno, osservando la stessa scena ripetersi con una regolarità che ha del perturbante.

Basti guardare l'alta frequenza con cui certe imprese si aggiudicano i lavori, una ciclicità che sembra sfidare ogni legge statistica. Si presentano da sole, in temporanea associazione, o celate dietro il comodo paravento di un consorzio, e costantemente, come baciate da una fortuna insolitamente propizia, ottengono la vittoria. È un ritmo che fa riflettere, un ritmo che parla di meccanismi non proprio limpidi.

Certo, qualcuno obietterà che sia solo una coincidenza, che non si debba dar credito a ombre dove non ce ne sono. Eppure i numeri raccontano una storia diversa, fatta di episodi di corruzione che affiorano in continuazione, con la Sicilia purtroppo in testa a queste classifiche.

Il settore più a rischio rimane sempre quello dei lavori pubblici in genere, un mondo vasto che va dalle costruzioni al ciclo dei rifiuti, settori notoriamente sensibili eppure ancora così opachi. So bene che parliamo di un ambiente in cui, per operare, si dovrebbe essere inseriti in appositi elenchi di soggetti affidabili, ma a volte sembra che quei controlli ed i criteri applicati siano ben altri, o quantomeno evidenzino una scarsa attenzione al merito e alla dignità del servizio pubblico.

Si osserva poi una strategia quasi scientifica nella distribuzione degli appalti. Per le commesse più ricche, sembra prevalere un sistema di turnazione tra aziende, con ribassi d’asta così minimi da apparire coordinati. Per gli affidamenti di minore entità, invece, si scende più in basso nella scala amministrativa, coinvolgendo figure tecniche con promesse di contropartite in denaro, in prestazioni o in favori.

In cambio, le imprese ottengono una certa discrezionalità nell’esecuzione, alterando qualità e quantità, chiedendo varianti e risparmiando persino sulla sicurezza. Basterebbe blindare le procedure, verificare seriamente la reale consistenza di queste aziende, per scoprire che molte di loro, a guardarle bene, non sarebbero in grado di riparare neppure la tapparella di casa di mia nonna.

A volte i sospetti trovano conferma in modo così immediato da lasciare senza parole. Già: alcuni anni fa, dopo aver messo nero su bianco in un mio post queste considerazioni, un presidente dell’associazione dei costruttori lanciava pubblicamente l’allarme, parlando di sorteggi sospetti e rischi di una nuova Tangentopoli.

Non era un’allusione generica: pochi mesi prima, l’Autorità Nazionale Anticorruzione aveva dedicato un intero capitolo del suo Rapporto annuale 2024 proprio al fenomeno della “frequenza anomala di aggiudicazione”, un’espressione asettica che nascondeva un dato concreto — il 42% delle stazioni appaltanti con almeno un procedimento sanzionato per irregolarità gravi aveva visto prevalere sempre le stesse imprese in più del 70% dei bandi negli ultimi tre anni.

I casi analizzati includevano appalti per opere stradali, edilizia scolastica e gestione del ciclo idrico, tutti ambiti in cui la qualità dell’esecuzione non è una questione tecnica, ma di sicurezza collettiva. Il rapporto, disponibile integralmente sul sito ufficiale dell’ANAC, non parla di eccezioni: parla di pattern ricorrenti, di procedure formalmente corrette, ma sostanzialmente orientate.

È un richiamo sinistro a una storia ben documentata, non a un ricordo vago o lontano - come quella del cosiddetto “ministro dei Lavori Pubblici” di Cosa Nostra, un ruolo non ufficiale, ma reale: un uomo incaricato dall’organizzazione di decidere chi poteva vincere appalti milionari per le opere pubbliche, chi doveva restare fuori, e a quale prezzo. Un controllo esercitato non con le armi - almeno non sempre - ma con una rete di imprenditori, tecnici e funzionari collusi, capace di far vincere bandi già scritti a misura.

Quella vicenda ci ricorda che il meccanismo corruttivo rappresenta un'infezione che si è ormai normalizzata, diventando quasi ordinaria, e che ormai non affligge più solo alcuni territori ma, in forme diverse, l’intero Paese. Sono parole che confermavano ciò che si osserva ormai da troppo tempo: circostanze curiose nelle aggiudicazioni e un pericolo concreto per la trasparenza.

Cosa aggiungere? Domani proseguirò, seguendo il silenzio che cala tra un bando e l’altro, tra un’aggiudicazione sospetta e la successiva, tra ciò che si scrive nei capitolati e ciò che si decide fuori, già... in stanze dove il tempo sembra non passare mai.

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