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lunedì 17 novembre 2025

Pizzaballa e Lelpo: il ritorno in Terra Santa tra fede e business.

Buongiorno, stamani vorrei affrontare con voi un tema che da sempre mi turba profondamente: il business del culto!

Tutto nasce dalla lettura di un articolo di alcuni giorni fa, in cui il Cardinale e Patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, insieme al Custode di Terra Santa, padre Francesco Ielpo, lanciano un appello accorato attraverso un video messaggio: è tempo di tornare in Terra Santa.

I due prelati invitano i pellegrini a riprendere a visitare i luoghi di Gesù, affermando con sicurezza che “il pellegrinaggio è sicuro” e che, sebbene non si possa ancora parlare di una pace vera e propria, “la guerra è finita”.

Ora, leggendo queste parole, un dubbio ha cominciato a insinuarsi nella mia mente, una profonda perplessità che non riesco a scacciare.

Mi chiedo, mio caro Patriarca Pizzaballa, se lei sia veramente sicuro di stare a Gerusalemme o se, forse, i suoi occhi vedano una realtà diversa dalla mia o, per meglio chiarire, se lei non stia guardando da tutt'altra parte, magari spinto dall'urgenza di rilanciare quel business milionario che da due anni, a causa del conflitto, è rimasto sospeso.

Peraltro mi torna alla mente, quasi per contrasto, la storia della sua nomina. Papa Francesco, nel 2016, lo nominò Amministratore Apostolico, e in un'intervista lei stesso parlò dello "stupore" e della "preoccupazione" per quell'incarico inatteso . Si dice, per quanto dato sapere, che non volesse affatto diventare Patriarca, al punto che per un po' si era messo in animo di lasciare la Terra Santa. Ed allora mi dica: preferirebbe forse rientrare in Italia, in una diocesi o in Curia, consapevole (già da allora) dei rischi e quindi delle dinamiche poco chiare e soprattutto di quel 'mirino di Israele' che lo ha sempre seguito?"

Eppure, sappiamo bene come Papa Francesco l'abbia voluto nominare Patriarca a tutti i costi nel 2020, ed eccola qui ora, insieme a padre Ielpo, pronunciare quella frase che suona come un invito formale: "Il pellegrinaggio è assolutamente sicuro, quindi è tempo di venire in Terra Santa per esprimere questa vicinanza con questa chiesa". Definisce quello in Terra Santa "il pellegrinaggio per eccellenza", un incontro con la storia e l'umanità di Gesù, che diventa anche incontro con una piccola comunità cristiana che ha molto sofferto.

Nel video pubblicato si vedono i due ringraziare chi è stato vicino alla comunità con visite e preghiere, rinnovando l’invito a tornare. "I cristiani - afferma padre Ielpo - hanno bisogno di una visita, hanno bisogno di sentirsi ancora i protagonisti di una terra dove la loro presenza è significativa e non marginale". 

Ma guarda un po' quanta sensibilità, come se per comprendere il messaggio del Cristo fosse necessario toccare con mano o vedere con i propri occhi quelle pietre. Sembra di assistere nuovamente all'incredulità di San Tommaso, a quell'episodio in cui, dopo che gli altri apostoli gli dissero di aver visto il Signore, lui rispose che non avrebbe creduto se non avesse messo il dito nel costato. E Gesù, apparendo di nuovo, gli disse: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!".

Ed ecco quindi che anch'io mi rivolgo al Cardinale e al Patriarca: non siate increduli, ma credenti! Non fate come tutti coloro per i quali la fede deve passare obbligatoriamente attraverso un viaggio organizzato.

Non imitate, in sostanza, quegli israeliani - e non solo - felici e fortemente appagati sotto il profilo economico e finanziario per essere i custodi di un turismo, cristiano e non, che da millenni rappresenta una fonte inesauribile di business.

Sì... sono fermamente convinto che poco o nulla importi, alla maggior parte di chi opera in quel settore turistico-religioso, l'aspetto spirituale dei fedeli; ciò che interessa davvero è il flusso milionario che da quel settore si ricava, quantificabile in milioni e milioni di euro.

Un fiume di denaro che viene suddiviso tra enti, confraternite, accompagnatori spirituali, tour operator, agenzie di viaggio, guide, assicurazioni e servizi di autotrasporti, a cui si sommano i ticket d'ingresso davanti ai luoghi sacri e le lucrose compravendite di reliquie e oggetti sacri, venduti in ogni angolo di strada.

E come dimenticare le migliaia di strutture di accoglienza create appositamente da privati e da enti religiosi, la nostra chiesa cristiana in testa, ubicate in posizioni strategiche per accaparrarsi i flussi di pellegrini?

Stiamo parlando di luoghi sacri per tutti i credenti delle tre grandi religioni monoteiste, eppure il meccanismo che li governa sembra essere sempre lo stesso. Ecco, quindi, la vera ragione che, nonostante il territorio sia ancora a rischio di bombe e attentati, spinge questi togati a insistere per un ritorno alla normalità, o almeno, a una sua apparenza.

Ma sono certo che a Gesù non importi minimamente averci lì, in fila per visitare un presunto luogo sacro; già... perché quello che gli interessa davvero è che il suo messaggio di amore e fratellanza circoli libero nei cuori degli uomini, ovunque essi si trovino.

È proprio questo il punto cruciale, ciò che ahimè sta drammaticamente mancando: una fede che si fa carne nelle azioni quotidiane, non un business che si consuma in un viaggio. Quel messaggio di amore universale, che dovrebbe abbattere ogni barriera e unire gli spiriti, rischia di essere soffocato dal rumore assordante dei registratori di cassa e dalla fretta di ripristinare un giro d'affari. 

Forse, il vero pellegrinaggio che siamo chiamati a compiere è molto più intimo e radicale: è un viaggio verso la coscienza, un ritorno a ciò che è essenziale. E questo, nessun biglietto aereo o ingresso a pagamento potrà mai permetterci di comprarlo!

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