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sabato 8 novembre 2025

Il silenzio tra un appalto e l’altro: Quando la gara finisce prima di cominciare.

Il metodo forse più subdolo è quello che si nasconde dietro la formula dell’“offerta economicamente più vantaggiosa”. In teoria, un modo per premiare il valore tecnico. In pratica, a volte, un meccanismo perfetto per favorire gli amici. 

Come si può pensare di pubblicare un bando da milioni di euro e concedere solo quindici giorni per presentare uno studio migliorativo? Un tempo così esiguo che non basta neppure per leggere e comprendere a fondo il progetto. Viene il sospetto che il capitolato sia stato disegnato su misura per qualcuno, che conosceva in anticipo i dettagli e ha potuto preparare l’offerta con calma. 

Non è fantasia: la Corte dei Conti, nella sentenza n. 746 del 28 marzo 2024, ha annullato l’aggiudicazione di un intervento di messa in sicurezza idrogeologica in Calabria proprio per questo motivo - un bando pubblicato un venerdì sera, con scadenza di giovedì successivo, e un capitolato tecnico contenente requisiti così specifici da coincidere, quasi alla lettera, con le caratteristiche di una sola delle tre imprese partecipanti. La sentenza, consultabile nel registro ufficiale della Corte, parla chiaro: non si tratta di errore procedurale, ma di “alterazione della par condicio sostanziale”, una formula che, tradotta in parole semplici, significa che la gara non era una gara.

La caccia al bando stesso diventa una prima, ardua selezione. Documenti nascosti su siti inaccessibili, pubblicazioni fatte circolare in ritardo, gare indette a ridosso di festività. Sono tutti espedienti che, sommati, scoraggiano i concorrenti sgraditi e restringono il campo a pochi eletti. E se, nonostante tutto, vince un'impresa “sbagliata”, ecco che i tempi di avvio dei lavori si dilatano magicamente, fino a quando un intoppo burocratico non permette di ripiegare sulla seconda in graduatoria, che guarda caso è proprio l’impresa amica. 

In questo panorama, persino l’ipotesi più fantasiosa, come quella di un accesso informatico illecito per conoscere le offerte degli altri pochi minuti prima della scadenza, lascia un dubbio amaro in gola.

Non è solo un dubbio, del resto. Il Rapporto 2024 della Direzione Nazionale Antimafia dedica un’intera sezione al “rischio informatico nei sistemi telematici degli appalti”, segnalando come, in almeno tre inchieste concluse negli ultimi diciotto mesi, sia emersa la pratica di accessi non autorizzati a piattaforme di gara da parte di consulenti esterni - figure apparentemente neutrali, spesso nominate con procedure semplificate, che avevano accesso simultaneo ai documenti delle stazioni appaltanti e alle bozze delle offerte. 

Il rapporto, disponibile nel sito ufficiale della DNA , non parla di casi isolati, ma di un’evoluzione della collusione: non più bustarelle in contanti, ma intrusioni digitali, scambi di file criptati, tempi di risposta sospettosamente sovrapposti. È una corruzione che ha imparato a digitare.

Proprio in queste ore, la cronaca giudiziaria torna a occuparsi della materia, con inchieste che coinvolgono figure di alto livello nella pubblica amministrazione. La politica assicura massima attenzione e rigore, in attesa degli esiti dell’autorità giudiziaria. È un segnale che qualcosa, forse, potrebbe muoversi. 

Ma la sensazione è che, senza una vigilanza costante e una volontà ferrea di cambiare le regole del gioco, questo meccanismo ben oliato sia destinato a riavviarsi, ciclo dopo ciclo, appalto dopo appalto.

Eppure, ogni volta che un funzionario sceglie di non voltarsi dall’altra parte, ogni volta che un cittadino chiede copia di un bando e ne verifica i termini, ogni volta che un giornalista ricostruisce una catena di aggiudicazioni che nessuno aveva collegato - in quei momenti, il silenzio tra un appalto e l’altro non è vuoto: Sì... è per fortuna lo spazio in cui, forse, può ancora nascere qualcosa di diverso.

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