Francisco Goya lo incise nella serie "Los Caprichos" raffigurando un uomo curvo su un tavolo, assopito, circondato da gufi e pipistrelli - creature della notte, simboli di ignoranza e superstizione - mentre una lince fissa lo spettatore con occhi che sembrano chiedere: “E tu, da che parte stai?”.
L’artista difatti non voleva solo mostrare un incubo, ma mettere in guardia contro ciò che accade quando la ragione smette di vegliare: l’immaginazione, priva del suo contrappeso, non crea meraviglie, ma mostri!
Oggi, guardando quel quadro non posso fare a meno di sentire un brivido di attualità. Quel sonno non è un riposo innocente, né una pausa necessaria: è un atto di resa, una scelta consapevole di spegnere la luce del pensiero critico per abbracciare il conforto delle certezze semplici, dei nemici chiari, delle soluzioni definitive.
È in quell’oscurità volontaria che ciò che prima era impensabile comincia a prendere forma - non più come fantasma - ma come progetto, come minaccia, come politica. E ditemi: quale mostro è oggi più definitivo, più innaturale, più irreversibile, già... del rischio di una guerra nucleare?
Perché quando la ragione si ritira, il calcolo strategico - per quanto freddo e spietato - lascia il posto all’istinto, alla retorica, alla paura che si autoalimenta. La deterrenza, quell’equilibrio terribile ma razionale costruito su una logica condivisa del non-oltrepassare, si sgretola. Al suo posto subentra una minaccia viva, imprevedibile, talvolta persino celebrata come forza o coraggio.
Il conflitto non è più qualcosa da evitare con ogni mezzo, ma qualcosa che si comincia a invocare come purificazione, come prova di virilità geopolitica, come soluzione eroica a problemi che la ragione, invece, richiederebbe pazienza, ascolto e compromesso per affrontare.
Ci addormentiamo collettivamente ogni volta che accettiamo che la complessità del mondo venga ridotta a uno slogan, ogni volta che la storia viene piegata a favore di una narrazione di comodo, ogni volta che la diplomazia viene derisa come debolezza anziché riconosciuta come l’unica arma che non distrugge chi la usa.
E in quel letargo pericoloso, l’impensabile non spaventa più: prima diventa una possibilità remota, poi un’opzione praticabile, infine una scelta inevitabile!
I veri mostri - l’annichilimento totale, l’inverno nucleare, la fine della civiltà così come la conosciamo -smettono di essere incubi per trasformarsi in fantasmi di sottofondo, tollerati, quasi ignorati, nel rumore assordante di un dibattito pubblico sempre più povero, sempre più teatrale, sempre meno umano.
Ecco perché il monito di Goya non è un ricordo del passato, ma un grido rivolto a noi, qui e ora. Ci parla della necessità disperata di tenere sveglia la ragione, anche quando è faticoso, anche quando la sua luce ci mostra verità scomode, anche quando preferiremmo chiudere gli occhi e credere alle favole del nemico assoluto o della vittoria facile.
Perché i mostri non nascono dal nulla: li generiamo noi, nel momento esatto in cui decidiamo di smettere di pensare e una volta svegliati, non è detto che accetteranno di tornare nell’ombra...
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