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domenica 28 febbraio 2021

Quel viaggio richiesto e mai autorizzato...

Sembra che alla fine quel viaggio del nostro ambasciatore Luca Attanasio non sia stato mai autorizzato... 

Come avevo anticipato nel mio precedente post http://nicola-costanzo.blogspot.com/2021/02/lambasciatore-luca-attanasio-e-il.html qualcosa su quella tragedia non quadra e difatti i documenti emersi in queste ore dimostrano come nessuno avesse di fatto autorizzato quel viaggio ed ora, come sempre avviene in questi casi, iniziano i rimpalli di responsabilità. 

D'altronde va detto come il governo congolese si sia chiamato fuori, sostenendo di non avere mai saputo del viaggio e quindi di non avere attivato la protezione prevista, mentre come si può vedere dal documento inviato, questi ultimi erano stati informati della partenza...

Ma in un secondo documento datato 15 febbraio viene dichiarato che l'ambasciatore italiano avrebbe comunicato verbalmente al capo del protocollo congolese l’intenzione di non partire più per la cittadina Goma...

Cosa aggiungere, non si saprà mai la verità su quanto accaduto e sull'attentato che ne è seguito!!! 

Ecco perché sono sempre più convinto che dietro quelle motivazioni umanitarie, qualcuno abbia depistato appositamente le informazioni, affinché i nostri due uomini viaggiassero senza protezione e quindi, si potessero compiere quegli omicidi e farli passare all'opinione pubblica come un semplice sequestro di persona, ahimè... andato male!!! 

Ma credo proprio che non sia andata così... 

Sì... verrà un giorno in cui qualcuno di quei presenti parlerà e forse finalmente giungeremo a scoprire la verità su quanto realmente accaduto quel giorno e soprattutto perché...

sabato 27 febbraio 2021

Catania... e ahimè i forti dubbi che restano in ciascuno di noi "catanesi", su tutte quelle eventuali fughe di notizie!!!

Sembra una di quelle storie che non trova mai fine... 

Già assomigliano a quelle serie tv a cui ultimamente mi sono dedicato (ma credo di non essere il solo...) - causa le limitazioni imposte dai continui DPCM - che danno l'impressione allo spettatore di concludersi ma contrariamente a quanto si era creduto, proprio nel momento in cui si è giunti alla fine di quegli episodi, si scopre come la serie non si sia conclusa, ma bensì continui con nuovi episodi che danno il via ad una inedita stagione...

Ecco perché paragono quanto pubblicato dal quotidiano "La Sicilia" alcuni giorni fa, come una di quelle serie Tv, dove -  per come riporta perfettamente il giornalista Mario Barresi - sembra di esserci immersi in un genere  romantico "vouyeuristico-letterario":

Il rapporto di amicizia che legava Luca Palamara a Renato Panvino è ormai un dato assodato della cronaca giudiziaria, con paginate negli scorsi mesi sui giornali nazionali. 

La novità, adesso, è che nell’informativa del Gico della guardia di finanza di Roma, uno degli atti sfoderati dai pm di Perugia per contestare ipotesi di reato ben più gravi all’ex ras delle toghe, più di 100 pagine (sulle 165 complessive) sono dedicate all’ex capo centro della Direzione investigativa antimafia di Catania. Il quale non è fra gli indagati ed è stato sentito, a lungo, domenica scorsa come persona informata sui fatti.

Perché è così preponderante il peso di Panvino per chi vuole dimostrare che Palamara sia stato, fra l’altro, l’artefice della fuga di notizie nell’inchiesta della Procura di Messina sugli intrecci corruttivi del sistema Siracusa? 

Il compendio probatorio (178 contatti telefonici dal 15 maggio 2017 al 1° marzo 2019; migliaia di messaggi WhatsApp; vacanze assieme, alcune delle quali pagate dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, fra gli imputati davanti al gup di Perugia) è quasi tutto riversato dal fascicolo originario.

Ma nell’ultima ricostruzione del Gico, depositata al pm Mario Formisano meno di una settimana fa, ci sono un paio di elementi nuovi. Il primo è la testimonianza di Bonaventura Candido prestigioso avvocato messinese, difensore dell’ex pm Giancarlo Longo nel troncone principale dei processi sul “sistema Siracusa”. 

Sentito lo scorso 9 febbraio, Candido, dopo aver ammesso i suoi contatti con Piero Amara (grande accusatore del procuratore generale di Messina, Francesco Barbaro, che smentisce con forza ogni coinvolgimento nella vicenda), a un certo punto Candido ricorda che lo stesso Amara «faceva riferimento ad una persona della polizia giudiziaria che lavorava a Messina che gli faceva pervenire delle informazioni sulle indagini. 

Tale persona, a suo dire, era un uomo che proveniva dalla zona di Catania o era residente nella zona Catania». 

Ma chi lo interroga gli fa una domanda specifica: «Amara le parlò mai del dottor Panvino?». La risposta di Candido, a questo punto, è più esplicita: «Ora che me lo dite, ricordo che di questa persona Amara mi parlò in più circostanze ed è la persona di cui ho fatto menzione in precedenza. Mi disse che aveva un rapporto personale con lui e che aveva da tale persona informazioni sulle indagini. Diceva che aveva un canale a Roma ed uno sul posto. Nel mio ricordo - prosegue il verbale dell’avvocato Messinese - tale ufficiale era il canale attraverso il quale lui cercava conforto e riscontro su ciò che proveniva da Roma».

Candido conclude ricordando che Amara «mi riferiva che Panvino era una persona di primo piano e di lui mi parlava spesso come fonte delle sue conoscenze sull’andamento delle indagini».

In una memoria, il giorno dopo essere stato sentito dai pm, l’avvocato in parte ritratta. «Devo, però, doverosamente precisare che in quella occasione (cioè quando Amara gli avrebbe parlato delle indagini, «tutta fuffa», attribuendo la definizione a un colloquio fra Barbaro e Palamara, riferitogli da Centofanti, ndr) non ricordo che Amara fece esplicito riferimento a Panvino, né che utilizzò il termine “fuffa”».

Amara, nel verbale d’interrogatorio citato (con molti “omissis”) nell’informativa, non parla mai di Panvino. E c’è un altro particolare che smentirebbe l’utilità del dirigente di polizia come “corvo”. Nell’inchiesta romana sulle sentenze pilotate al Consiglio di Stato, infatti, viene arrestato maresciallo dei carabinieri, Francesco Loreto Sarcina, ex Aisi. Ed è proprio Amara a incastrarlo. Nell’interrogatorio del 17 luglio 2018 riferisce dell'amicizia di Calafiore con «tale Francesco o Franco, un dipendente della Presidenza del Consiglio dei ministri» che «aveva loro riferito notizie interne alle indagini e consegnato l'informativa del 15 settembre 2017 in formato word». L'avvocato avrebbe incontrato l'ex 007 tre o quattro volte. «Ci disse che ci avrebbe tolto dai guai sia per l'indagine di Messina sia per quelle di Roma avvalendosi di suoi uomini». 

Ma Panvino è citato in un altro atto inedito, firmato da un magistrato. Cioè Antonio Carchietti, fra i pm impegnati proprio nell’indagine sul sistema Siracusa. La nota è del 29 marzo 2018. E racconta un episodio di due giorni prima nel carcere romano di Regina Coeli, subito dopo l’interrogatorio di Amara. Il cui legale, Angelo Mangione, rientra nella stanza e chiede «espressamente» a Carchietti e al procuratore capo Maurizio de Lucia «che non venisse fatto cenno alcuno, all’indirizzo del dott. Renato Panvino, in ordine che l’Amara potesse valutare l’adesione ad una scelta processuale incentrata su contegni latu sensu collaborativi ai fini del più ampio accertamento dei fatti». Tradotto dal magistratese: l’avvocato Mangione chiede ai pm di Messina di tenere all’oscuro il capo della Dia rispetto al “pentimento” di Amara. 

E questa circostanza richiama alla memoria di Carchietti un episodio risalente agli «ultimi mesi dell’anno 2017», poco dopo perquisizioni e sequestri sul sistema Siracusa. Panvino, scrive il pm «venne insieme a un suo collaboratore, di cui non ricordo il nome» e «manifestò l’intenzione di salutarmi» e «successivamente “condusse” il discorso sulla vicenda Siracusa». 

Il capo della Dia ha dell’indagine una «conoscenza embrionale», risalente all’epoca in cui gli otto magistrati aretusei presentarono un esposto da cui partì tutto, tanto più che Barbaro, all’epoca procuratore facente funzione, sostiene Carchietti, «chiese al dott. Panvino, alla mia presenza, la disponibilità della Dia di Catania per lo svolgimento dell’attività d’indagine». Ma lui, visto «l’elevato carico di lavoro» già in corso, rifiutò. 

Una circostanza incompatibile, al dire il vero, con chi avesse intenzione di mettere le mani su un’inchiesta in cui erano coinvolti gli amici del suo amico Palamara, dai quali - come lo stesso Panvino avrebbe rivelato ai pm di Perugia - ha provato più volte a metterlo in guardia, «perché non mi ispiravano fiducia» e dunque «gli consigliavo di frenare». Carchietti, nella nota inviata mesi dopo l’insolita visita («mai aveva assunto l’iniziativa di passare a salutarmi») definisce «singolare» il discorso del suo interlocutore che «innestò una più ampia riflessione il cui nucleo concettuale, che mi parve palesarsi come la vera ragione della “visita”», starebbe «nell’importanza di orientare il convincimento investigativo su dati certi e non su “suggestioni” derivanti da mere situazioni conflittuali». 

Il pm, nella nota di fine marzo 2018, scrive che «non ho più avuto occasione di incontrare il capo centro». Alla Dia di Panvino, nei mesi successivi, la Procura di Messina affiderà almeno due deleghe delicate, entrambe riguardanti le toghe: una sul depistaggio di via D’Amelio, una su un presunto abuso d’ufficio nel Ragusano a carico di un magistrato catanese.

E qui si arriva al punto finale. Panvino, trasferito a Nuoro nel maggio 2019, è uno “sbirro” dal curriculum importante, arricchito da operazioni su mafia e colletti bianchi nei suoi cinque anni in Sicilia tanto da far coniare la definizione di “modello Catania” per il lavoro alla Dia. 

È “colpevole” di un’amicizia a tratti sin troppo stretta con Palamara (fino a chiedergli, nelle chat, anche qualche “aiutino” per la sua carriera), all’epoca il più potente magistrato d’Italia, legato a un imprenditore, Centofanti, frequentatore di ministri e importanti pezzi dello Stato. Nelle carte, certo, ci sono tante suggestioni. 

Le foto a Ibiza, i conti di alberghi e ristoranti, le feste di compleanno e le chiacchierate complici anche sui politici. 

C’è anche l’ormai arcinota vicenda dell’anello acquistato da Panvino, in parte anticipando soldi suoi, in una gioielleria di Misterbianco (curiosamente la stessa scelta da Luigi Di Maio come tappa etnea nel suo tour elettorale, il 25 ottobre 2015, fra le «eccellenze siciliane») su commissione di Palamara che doveva regalarlo all’amante Adele Attisani.

Eppure il dirigente di polizia finora non risulta coinvolto nell’inchiesta di Perugia. Che però adesso fa un salto di qualità, con le nuove accuse all’ex dominus del Csm sulle fughe di notizie a Roma e a Messina. E in questo contesto gli investigatori inseriscono una certa mole di atti (molti dei quali già conosciuti) riguardanti «il ruolo» di Panvino e i suoi «rapporti» con Palamara e Centofanti, «il Piccoletto» nelle chat.

Ma la verità, a questo punto, si trova a un bivio. Panvino, ricordato a Catania come un poliziotto di rango, oltre ad avere frequentazioni ex post pericolose, è davvero sospettabile di essere la talpa di indagini delicatissime? Oppure, non essendo coinvolto in prima persona nell’indagine sulla fuga di notizie sull’asse Messina-Siracusa, la grande attenzione giudiziaria (e poi anche mediatica) su di lui nasconde qualcosa di diverso. 

Magari, come sospetta sotto il Vulcano chi lo conosce bene, una postuma resa dei conti per alcune indagini della sua Dia, che, guarda caso proprio a Messina, hanno toccato i fili ad alta tensione della massoneria. 

Che nella sponda siciliana dello Stretto accomuna, talvolta con legami di parentela, potenti dentro i più svariati palazzi. Compresi quelli frequentati, per lavoro, dallo stesso Panvino.

venerdì 26 febbraio 2021

Basta "reddito di cittadinanza" per i fannulloni e lavoratori a nero...

Uno degli argomenti che il Presidente Draghi sta in queste ore affrontando è il cosiddetto "reddito di cittadinanza"...

Da quanto si è appreso, il sussidio non verrà più erogato a tempo indeterminato, ma avrà una durata massima di 18 mesi!!!

Innanzitutto verrà tolto a tutti coloro che sono in grado di lavorare, quest'ultimi infatti dovranno nei prossimi mesi trovarsi un'occupazione... 

D'altronde parliamo di persone in perfetta salute, che possono lavorare, mentre condizione diversa è quella di sostenere le fasce più deboli della nostra popolazione...

Quindi finisce il tempo per quei fannulloni o per tutti coloro che hanno utilizzato questo reddito di cittadinanza quale ulteriore introito a quello già percepito lavorando a nero in tutte quelle attività "abusive" o perché regolarmente assunto in società che si sono prestate a dichiarare meno di quanto regolarmente svolto, affinché questi loro "pseudo" dipendenti, potessero illegalmente beneficiare di quel reddito...  

Per cui ora l'Inps ha avuto ordine di non rinnovare quel reddito di cittadinanza oltre i 18 mesi a quanti risultano occupabili, mentre resta confermato il reddito per le persone in condizioni di bisogno.

Il Governo starebbe anche studiando l'introduzione di un nuovo sistema che possa premiare i beneficiari che hanno dimostrato di trovarsi un lavoro.

Siamo davanti quindi ad una trasformazione del reddito, anche se va ricordato come l'emergenza sanitaria abbia di fatto causato un'importante perdita dei posti di lavoro, determinando un aumento della disoccupazione e della spesa sociale di quasi 10 miliardi di euro!!!

Il Governo è deciso di andare avanti per questa strada, proprio perché il reddito di cittadinanza s'è dimostrato un vero e proprio flop sotto il profilo occupazionale, ma non solo, anche quei centri per l'impiego hanno fallito e ancor più quegli inutili "navigator" incapaci di trovare un solo posto di lavoro, se non quelli proprio... 

Ho scritto a inizio mese un post a riguardo http://nicola-costanzo.blogspot.com/2021/02/il-reddito-di-cittadinanza-va-abolito.html ed alcuni suggerimenti http://nicola-costanzo.blogspot.com/2021/02/reddito-di-cittadinanza-ecco-alcune.html che possono certamente contribuire a fare in modo che quel reddito si concretizzi in qualcosa d'importante e non fallimentare per come abbiamo tutti potuto comprendere!!!

giovedì 25 febbraio 2021

L'Ambasciatore Luca Attanasio e il Carabiniere Vittorio Iacovacci uccisi da un vile attentato o a seguito di un omicidio premeditato???

Qualcosa non quadra!!!

Sì... perché solitamente questi attacchi vengono compiuti per rapire gli ostaggi e chiedere il pagamento di un riscatto e quindi mai per ucciderli!!!   

Ora, come sempre accade in queste circostanze, si sta provando a comprendere quanto sia accaduto all'ambasciatore italiano e al carabiniere addetto alla sua scorta... 

Per quanto mi riguarda una cosa è certa, sono caduti in un'imboscata, aggiungerei preparata minuziosamente, perché qualcuno sapeva di quel loro passaggio, già di quel convoglio in transito della "World Food Programme" su una strada dichiarata incredibilmente "sicura", quando tutti sapevano bene, anche i meno esperti di quei luoghi, che quel transito a nord della città di Goma fosse pieno di pericoli, parliamo di un'area in quotidiano conflitto, vista la presenza di circa 120 gruppi di guerriglieri che ogni giorno si vanno fronteggiando...

Ma non solo, nessuna scorta è stata assegnata ai nostri italiani, neppure le auto consegnate per quel tragitto erano blindate, come d'altronde nessuna protezione individuale è stata presa in considerazione, come ad esempio la consegna di giubbotti antiproiettile o di elmetti...

Già... ho come l'impressione che dietro quella missione umanitaria vi sia stata troppa leggerezza o che forse qualcuno di quel convoglio si sentiva talmente sicuro da poter effettuare quel viaggio senza subire alcun attacco...

Contrariamente a quanto sopra riportato, sono bastati un numero esiguo di assalitori, all'incirca 6/7 per compiere quel vile attentato che purtroppo come abbiamo visto ha portato all'omicidio dei nostri due italiani e di un'autista congolese... 

D'altronde non si spiega perché dopo che i nostri uomini - insieme ad altri soggetti presenti - erano stati condotti nella foresta e secondo quanto ho letto -proprio mentre stavano arrivando delle forze locali in loro soccorso - quegli assalitori, avrebbero deciso - non si conoscono i motivi - di procedere con quella feroce esecuzione contro il nostro carabiniere e ambasciatore, mentre nello stesso istante, stranamente, altri ostaggi venivano risparmiati per essere sequestrati... 

Va altresì riportato quanto dichiarato dai guerriglieri del Ruanda che da parte loro negano qualsivoglia responsabilità e respingono le accuse delle autorità di Kinshasa... determinando ancor più quindi confusione e sospetti... 

Ora qualcuno dice che si è trattato di un incidente in quanto gli aggressori si sono trovati a scontrarsi con un gruppo di guardie forestali di pattuglia nella zona sostenuti dai militari delle forze armate congolesi, ma anche lì, i molti presenti, smentiscono questa ricostruzione... 

Come dicevo all'inizio una circostanza alquanto ambigua, sicuramente non chiara, d'altronde lo stesso responsabile locale della polizia ha affermato di non essere stato al corrente dello spostamento dell'ambasciatore in quell'area...

Il sottoscritto per esperienza, avendo vissuto parecchi anni all'estero in luoghi più o meno similari ritiene (anche se mi auguro di sbagliarmi) che quell'attentato è stato pianificato, sicuramente per motivi che sfuggono alla nostra comprensione, ma per come è stato compiuto e per la violenza manifestata, l'impressione ricevuta è che egli abbia dato fastidio a qualcuno...

Ed allora mi chiedo: non è che forse l'ambasciatore con la sua ingerenza, ha toccato interessi che non dovevano subire interferenze??? 

Quel suo mostrarsi così sensibile ai problemi sociali, quel voler contrastare in tutti i modi le violenze esercitate sulle donne e i bambini, quel voler proteggere ad ogni costo i diritti umani e la determinazione messa in atto nel lottare quotidianamente contro la tratta delle donne, facendosi portavoce d'interventi che avevano determinato azioni e soprattutto provvedimenti giudiziari nei confronti di taluni soggetti che da sempre applicano quegli abusi, non potrebbero essere questi i reali motivi di quella aggressione che ha determinato quel suo omicidio???

D'altronde il suo era un  impegno politico che non si fermava alle parole, ma che aveva dato il via ad azioni concrete, sia nei confronti di quei governi che si erano dimostrati troppo indulgenti, ma anche nei confronti di quei soggetti violenti e forse chissà quel suo volersi dedicarsi in maniera così decisa contro quei criminali, quel voler offrire protezione attraverso il suo impegno, quel dare una mano verso chi soffre e necessita di una possibilità per sfuggire alla schiavitù riprendendo in mano la propria vita... ecco forse tutto questo ha dato fastidio, ed è stato quindi deciso di uccidere quell'ambasciatore inopportuno, forse chissà anche troppo invadente e purtroppo anche chi era lì accanto per proteggerlo... 

Peraltro, da qualche parte sul web ho letto che altri individui di quel convoglio sono stati presi in ostaggio e ciò conferma ancor più la mia tesi e cioè che non era il riscatto ha rappresentare il reale motivo di quel sequestro (messo in atto per ottenere riscatti milionari) ma sicuramente qualche altro fattore...

Ecco perché sono sin d'ora certo che su quanto accaduto non si saprà la verità!!!

Vedrete... tutto verrà insabbiato, perché dietro quegli omicidi potrebbero emergere contesti più ampi che non possono essere in alcun modo riportati all'opinione pubblica e quindi prevedo che quella (apparente) indagine sulla morte dei nostri due connazionali verrà fatta passare per una imprevista disgrazia!!!    


mercoledì 24 febbraio 2021

Com'erano i torroncini??? Buonissimi!!! D'altronde sono offerti da noi...

 

Rimango basito nel leggere sul quotidiano "La Sicilia" l'articolo pubblicato stamani, non tanto per la vicenda in se... giudiziaria, ma per i personaggi coinvolti che dovrebbero rappresentare modelli a cui ciascuno di noi dovrebbe aspirare per quei principi di alta etica e moralità messi in campo, per trasparenza, lealtà e correttezza deontologica...                                                      "Ciao, ti sono arrivati i torroncini? chiede in un sms Vincenzo Barbaro a Luca Palamara, che, sempre via WhatsApp, lo rassicura: "Sì buonissimi!!!". Sono le 11,26 del 15 gennaio 2018. E, al di là della dolcezza dell’approccio, lo scambio di messaggi fra il magistrato messinese e l’allora consigliere del Csm, l’oggetto del contatto è al di sopra di ogni sospetto. «Chi viene a Messina per l’anno giudiziario?», domanda Barbaro. «Ti faccio sapere perché stiamo decidendo», risponde Palamara.                  Ora però i due - il primo procuratore generale a Messina, il secondo ormai ex pm travolto dall’inchiesta che ha terremotato l’intera magistratura - sono al centro di un’informativa del Gico della guardia di finanza di Roma. 

Centosessantacinque pagine in cui la Procura di Perugia ha sfoderato le prove per le accuse a Palamara: nell’udienza preliminare di lunedì sono stati contestati i reati di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione in atti giudiziari.

La nuova tesi dei pm perugini, guidati da Raffaele Cantone, è che Palamara sia stato il protagonista di una fuga di notizie riservate, che avrebbe acquisito anche da Barbaro (non indagato a Perugia), all’epoca pro-curatore facente funzione a Messina, e rivelato all’imprenditore Fabrizio Centofanti, fra gli imputati a Perugia, legato a sua volta all’avvocato Piero Amara, dominus del “sistema Siracusa”. Barbaro, dal canto suo, è tranchant: «La rivelazione di notizie è palesemente insussistente, come potrà essere comprovato nelle competenti sedi con inoppugnabile produzione documentale, oltre che con la deposizione di tutti i soggetti che a vario titolo si sono occupati del processo». E il pg di Messina preannuncia «sin da ora adeguate iniziative giudiziarie nei confronti dei responsabili».

Nell’informativa della guardia di finanza ci sono tre capitoli sul tema. A partire dai contatti fra Palamara e Barbaro, molti entro il limite della fisiologia fra un (potente) consigliere del Csm e un collega in carriera. Fra i due numeri ufficiali appena otto contatti in due anni, dal maggio 2017. E anche le chat Whatsapp (un’imbarazzante cloaca per altre toghe) non sono poi così scabrose. «Nominato!!!», comunica il grande capo di Unicost il 6 luglio 2017, quando cioè il plenum del Csm decide sul posto di procuratore generale di Messina. «Ok grazie», si limita a rispondere il diretto interessato. Che, qualche giorno dopo, ascoltate le critiche di Luca Forteleoni (re delle preferenze al Csm, pupillo di Cosimo Ferri e da oggi consigliere Anac) a Radio Radicale sulla sua nomina a pg, si sfoga proprio con Palamara, il quale gli sconsiglia di scrivere al consigliere critico. «Però bisognerebbe cantargliele, ha la faccia di bronzo», insiste Barbaro. «Su quello non preoccuparti», risponde Palamara all’interlocutore che sembra rassicurato: «Lo sappiamo fare bene». Alla vigilia di Natale del 2017, il magistrato messinese chiede all’interlocutore romano il numero di Paola Balducci, laica di sinistra del Csm. «Le ho promesso i torroncini», chiarisce. E Palamara ne approfitta («2 mandali pure a me») per chiedere e ottenere il dolce cadeaux. «Te li faccio mandare da Cavallo», gli garantisce il pg di Messina, riferendosi forse ad Angelo Cavallo, oggi procuratore capo di Patti. Fin qui soltanto carinerie fra colleghi. A tirare in ballo Barbaro, però, è un recente interrogatorio di Amara. 

Il “facilitatore” siracusano, lo scorso 4 febbraio, sostiene che «il dottore Barbaro, all’epoca procuratore facente funzione di Messina, non gradiva la nomina» di Maurizio de Lucia al vertice della Procura. Amara mette a verbale che «Barbaro si era rivolto a Palamara prima del nostro arresto. Di tale incontro mi era stato riferito da Centofanti. Questi mi disse che Palamara gli aveva riferito che Barbaro si era rivolto a lui perché l’appoggiasse ai fini del raggiungimento di un incarico direttivo». E poi il cuore dell’accusa: «Bar-baro avrebbe riferito a Palamara che a carico mio, di Calafiore (Giuseppe Calafiore, socio di Amara e coimputato in più processi fra Roma Messina) e di Centofanti non c’era nulla: “Tutta fuffa”. Poco dopo, in un incontro a Messina «per questioni riguardanti Eni», Amara avrebbe raccontato quanto appreso da Centofanti all’avvocato Bonaventura Candido, che «era molto amico di Barbaro» e infatti «gli andò a riferire» tutto. Il manovratore del “Sistema Siracusa” viene aggiornato da Centofanti anche delle successive evoluzioni. L’imprenditore gli racconta di «un nuovo incontro» fra Palamara e Barbaro, con quest’ultimo che «si era lamentato del fatto che io fossi al corrente ditale interlocuzione», ma anche del fatto che ne avesse parlato con Buonaventura. Ma Amara si spinge fino a ipotizzare un ulteriore faccia a faccia fra il procura-tore generale e il manovratore del Csm «dopo i nostri arresti del 6 febbraio 2018», quando emerse il verminaio di Siracusa. E la fonte è sempre Centofanti: «Barbaro nel corso di tale incontro - dice Amara - avrebbe riferito a Palamara questa frase: “Hai visto, fino a che ci sono stato io non è successo nulla, poi è arrivato de Lucia ed è successo quello che è successo!». Secondo i riscontri del Gico, Barbaro (in veste di procuratore facente funzione) partecipa ad almeno due vertici con i colleghi di Roma sulle indagini a carico di Amara & C.: il 14 febbraio e il 15 marzo 2017.

Nel verbale, quasi tutto omissato, l’avvocato siracusano lascia anche qualche traccia di veleno: «Temo che possa esserci un intreccio sistemico che possa danneggiarmi», dice ai pm riferendosi alla Procura di Messina. E sbotta: «Barbaro ha impugnato il patteggiamento di Calafiore, una circostanza mai vista in precedenza». L’ipotesi di un conto da regolare emerge anche nella prima difesa mediatica di Barbaro. Che, non a caso, sottolinea «due strane coincidenze temporali» rispetto alle accuse di Amara. La prima, per il pg, è aver «proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento riguardante il coimputato dell’avvocato Amara, e cioè l’avvocato Calafiore, per inadeguatezza della pena»; la seconda è che proprio ieri a Reggio Calabria «un delicato processo» in cui il magistrato messinese «è parte offesa di plurimi reati di diffamazione».

Finora è soltanto la parola di Amara contro Barbaro, che nega con forza qualsiasi coinvolgimento. E a questo punto è importante la testimonianza di Candido. Anch’esso sentito, lo scorso 9 febbraio. L’avvocato messinese ammette di aver parlato con Amara delle indagini che lo coinvolgevano assieme all’ex pm di Siracusa, Giancarlo Longo, «per la prima volta nel corso di un pranzo» al ristorante “Da Nino” a Letojanni. In quell’occasione il terzo commensale è Angelo Mangione, socio e difensore del legale aretu-seo. Ma fu «un confronto tra colleghi che iniziavano a conoscersi», riferisce Candido, al quale però gli interlocutori chiedono già nel pranzo di «predisporre subito una memoria difensiva» per Longo, di cui poi assume la difesa. L’avvocato messinese incontrerà più volte Amara a Roma.

Ma ricevendo confessioni su fughe di notizie? «Mi fece comprendere di sapere tante cose sullo sviluppo delle indagini. Eravamo al corrente che tirasse una brutta aria». Candido, in questo contesto, non parla di Barbaro, con cui ostenta ai pm «un rapporto di viva cordialità», una conoscenza «non solo nella sua veste professionale». Eppure i dettagli sul magistrato sostiene di apprenderli sempre da Amara, che gli raccontò come Barbaro «avesse interesse a “tenere a bagnomaria” questa vicenda, in quanto toccava il dott. Giordano (Francesco Paolo Giordano, allora procuratore di Siracusa, oggi sostituto pg a Catania), che era un concorrente per la corsa alla Procura generale di Messina, e ciò poteva pregiudicare la sua corsa a tale incarico». Una teoria sostenuta anche dal suo assistito Longo («sembrava convinto che Barbaro aveva un interesse che le indagini andassero per le lunghe per colpire Giordano»), ma contestata da Candido, con-vinto che il magistrato messinese «era una persona perbene» e, dopo avergli parlato, che «non conoscesse i dettagli di tale vicenda». Ma l’avvocato poi arrestato gli fece anche «qualche riferimento al rapporto tra Barbaro e Palamara», con riferimento a «un contatto in relazione alla vicenda Procura generale». Nel lungo colloquio, i pm di Perugia leggono l’interrogatorio di Amara a Candido. Che, in un primo momento, con-ferma il racconto sulle «indagini fuffa», ma poi, facendo riaprire, smentisce. E, sui rapporti Palamara-Barbaro, fa aggiungere che la nomina a procuratore capo di Messina c’era già stata, così come «gli apprezzamenti di Longo sulla vicenda Giordano erano precedenti». L’avvocato invierà al Gico un’ulteriore integrazione per iscritto, definendo le ipotesi di Amara «forti suggestioni comunque mai riprese e, per quanto mi riguarda, francamente per nulla verosimili». Ma Palamara e Barbaro si sono mai incontrati davvero? Le indagini della guardia di finanza non riescono a certificarlo. Nella chat di Whatsapp, il 10 ottobre 2017, c’è la traccia di un mancato appuntamento al Montemartini (probabilmente l’hotel Palazzo Montemartini di Roma), «dove ci siamo visti l’altra volta», precisa l’ex pm. 

«Rispetto a tale presunto incontro non si hanno evidenze», scrive il Gico nell’informativa. Eppure è lo stesso pg di Messina a rivelare un incontro con il l’ex leader di Unicost. E lo fa in una “comunicazione riservata” alla Procura di Messina del 14 ottobre 2017. Avrebbe visto Palamara due giorni prima, «trovan-domi per ragioni di servizio a Roma», nel suo ufficio al Csm.

Barbaro premette di essere stato informato «da un mio conoscente» che «in non meglio precisati ambienti giudiziari, verosimilmente di Catania o Siracusa» s’era diffusa la notizia che le sue indagini, da procuratore facente funzione, sul sistema Siracusa «sarebbe stato strumentalmente utilizzato per danneggiare» il rivale Giordano, in quel momento sotto scacco, per ottenere il posto di pg a Messina, «grazie anche all’interessamento» del «collega e amico» Antonino Di Maio, «del quale sono stato il magistrato affidata-rio durante l’uditorato», e dell’onnipresente Palamara. Di Maio è l’ex procuratore di Trani poi indagato per abuso d’ufficio e favoreggiamento personale nell’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo. Ma i rumors sul piano anti Giordano a cui fa riferimento il magistrato nella “riservata” trovano un riscontro (di cui l’allora procuratore facente funzione è al corrente) anche in un’intercettazione ambientale nella stanza di Longo, nel febbraio 2017.

Barbaro va da Palamara «al fine di accertare se anche costui fosse a conoscenza» delle «infamanti esterna-zioni». E il guru del Csm lo rassicura: sono «dicerie palesemente infondate», perché «evidentemente sape-va» che Giordano «era estraneo ai fatti». Ma, «per ragioni che non venivano esplicitate», Palamara pronuncia davanti all’interlocutore una fatwa sull’allora procuratore di Siracusa: «Non sarebbe mai stato proposto quale dirigente di un ufficio giudiziario messinese». 

Eppure il dominus delle toghe, rivela Barbaro, «mi faceva chiaramente comprendere di essere a conoscenza di circostanze relative al procedimento penale in questione, nel quale era coinvolto un suo amico, e mi riferiva i nominativi dei magistrati titolari e del Gip». Ma il discorso «non veniva ulteriormente approfondito», perché Barbaro non è «in condizione di interloquire sul punto» in quanto non essendo più procuratore facente funzione di Messina, non ha più «notizie sullo stato del procedimento e sui magistrati titolari».

Il confronto, nel racconto di uno dei protagonisti, finisce «su altri argomenti con altri colleghi nel frattempo intervenuti nell’ufficio». Nell’informativa il Gico scrive che sull’incontro del 12 ottobre 2017 rivelato da Barbaro «non emergono evidenze investigative». Ma i finanzieri, nel notebook sequestrato a Palamara, trovano una convocazione della commissione del Csm. Al tredicesimo punto all’ordine del giorno (nelle sedute previste il 9, 10 e 12 ottobre) c’è «l’esposto del Sig. Cateno Roberto De Luca (alias: “Scateno”, oggi sindaco di Messina, più volte indagato e finora sempre uscito pulito, ndr) il quale si duole di presunti favoritismi politici e connivenze “dalle movenze anche mafiose”» da parte dello stesso Barbaro e di altri due magistrati, Valeria Curatolo e Mario Samperi. L’esposto 311/2017, relatore il consigliere Antonio Leone, verrà archiviato.


martedì 23 febbraio 2021

23 febbraio 1889: Stanislao Rampolla del Tindaro... morto "suicida" per mafia!!! Ma secondo i giudici, a Marineo la mafia non esisteva!!!

Nel 1887 Stanislao Rampolla era stato incaricato dal questore di Palermo Taglieri con il preciso compito di contrastare la mafia di Marineo, poiché «la mafia di quel difficile comune, per lungo tempo sopita, tentava di levare nuovamente il capo».

Stanislao morì suicida, sì... "per la vergogna" a seguito del suo trasferimento da parte del Prefetto per le sue denunce contro la mafia di Marineo, in provincia di Palermo.

Ripartiamo dall'inizio, Rampolla, cavaliere del Regno, aveva alle spalle 35 anni di servizio nella polizia ed un passato di combattente nelle rivoluzioni del 1848 e del 1860. A Marineo aveva trovato un memorandum del precedente delegato, Gaetano Pepi, che accusava il notaio Filippo Calderone, da otto anni sindaco del paese, di esercitare la propria autorità per proteggere i malviventi.

Dopo appena due mesi, Rampolla, in perfetta sintonia col comandante dei carabinieri Giuseppe Attardi, poté confermare al questore Taglieri che il notaio Calderone usava le 27 guardie campestri per danneggiare i suoi avversari politici, che le guardie municipali da lui reclutate erano dei delinquenti comuni, sottoposti in passato a misure di polizia per estorsione, furti e persino omicidi, e colpevoli adesso di vessazioni e prepotenze a danno dei commercianti. Non solo, il carcere cittadino era in mano agli uomini del sindaco, i quali consentivano ai detenuti di passeggiare tranquillamente per il paese. In sostanza, il sindaco Calderone proteggeva criminali in cambio di quel sostegno elettorale che gli consentiva di mettere le mani sul municipio, lucrare con la sua attività professionale e procacciare clienti ai figli Innocenzo e Camillo, avvocati a Palermo.

Nella gestione illegale del Comune erano implicati anche alcuni suoi assessori, come Giobatta Cangialosi e Pietro Mordagà, oltre ai consiglieri comunali, tutti analfabeti o semi-analfabeti, e i pretori Galluzzo e Ferrante, che, insieme al Regio Procuratore di Palermo Nicolai, gli davano appoggio.

In questo contesto, il tesoriere comunale Carmelo Pecoraro era cognato dell’assessore Cangialosi; il commesso telegrafico, che alloggiava gratuitamente nei locali comunali, era cognato del genero del sindaco e cugino del consigliere Pernice; l’addetto al trasporto della corrispondenza, Onofrio Romeo, era zio dei consiglieri Pernice e Calderone; e il fratello sacerdote, Ciro Romeo, era maestro elementare; il registro della popolazione era gestito da Vincenzo Marino, cognato del consigliere Scarpulla e cugino dell’assessore Calderone; un panettiere, tale Ciro Bivona, cugino dei consiglieri Sanfilippo e Pernice e compare del sindaco, era diventato capo della polizia urbana.

Il contesto ambientale e i reati contestati al Calderone avrebbero dovuto comportare la sua immediata destituzione da sindaco. Il Prefetto, però, non solo non intervenne, ma, da lì a poco, così come aveva fatto con i precedenti delegati, trasferì ad altra sede (prima Castronovo, poi Castelbuono) anche il cavalier Rampolla, che qualche giorno dopo, per la vergogna, si suicidò.

La vedova, Giovanna Cirillo, scrisse un memoriale all'allora Ministro dell'Interno Francesco Crispi, che ebbe l'effetto di trascinare in tribunale il sindaco e i suoi complici, ma il processo si concluse con la loro assoluzione. Secondo i giudici, infatti, a Marineo la mafia non esisteva, il cavalier Rampolla era solo un vecchio pazzo e sua moglie solo una povera vedova accecata dal dolore!!!


lunedì 22 febbraio 2021

Rischi per la pace...

Rischi per la pace...
L'Imprevedibilità geopolitica, scelte protezionistiche e dazi, superare gli egoismi nazionali, risolvere il problema dell'immigrazione, una guerra civile europea, edificare una nuova democrazia per dare una risposta chiara ai cittadini...
Nulla di ciò verra mai realizzato, ho letto sul web ino studio che nell’introduzione al documento di uno studio avevano osseravato quanto segue: 
[…] in un periodo in cui il rapido cambiamento climatico in atto rappresenta uno delle più imminenti minacce alla sicurezza  globale e all’umanità, ci si aspetterebbe che le forze politiche siano concentrate a capire come ridurre le emissioni di gas serra e assicurare un futuro sostenibile. 
Ma il settore militare sta vivendo una sorta di nuova guerra fredda, una nuova corsa internazionale agli armamenti, e di fatto si sta registrando un aumento delle spese militari, non solo a livello NATO.
Questo studio dimostra che non solo le spese militari intercettano e ‘ingoiano’ risorse che potrebbero e dovrebbero essere usate per affrontare il cambiamento climatico, per investire nella giustizia globale, per promuovere la risoluzione pacifica dei conflitti e il disarmo, ma che l’industria tecnologica militare di per sé contribuisce all’emergenza climatica”.  
[…] La nostra speranza è che questo studio favorisca lo sviluppo di un dibattito pubblico su come affrontare le minacce alla sicurezza umana – come il cambiamento climatico – e nello stesso tempo faccia luce sul ruolo svolto dall’industria delle tecnologie militari e dalle forze armate.

domenica 21 febbraio 2021

Consorzio della Pietra Lavica dell'Etna: parla il Presidente, Dott. Alfio Grassi.

 

Stamani, dopo aver acquistato come d'abitudine il nostro quotidiano regionale, ho potuto leggere un articolo interessante, sì... perché riguardava ciò che definisco da sempre "l'oro nero" della nostra terra...

L'intervista è stata realizzata al Presidente del Consorzio della Pietra Lavica dell'Etna - Dott. Alfio Grassi - e da quanto espresso, si comprende in maniera chiara quali siano le problematiche che attanagliano quel settore e di conseguenza la sua filiera...

Vorrei peraltro ricordare come quel settore, non coinvolge esclusivamente l'estrazione del materiale lavico e di conseguenza tutti i suoi derivati, conosciuti nel settore con le voci "scogli e/o inerti" e utilizzati solitamente in quei lavori marittimi o a difesa del territorio, scogliere e promontori colpiti dagli effetti di erosione sia da acque dolci che salate, già... la sua commercializzazione va oltre la stessa fornitura, di gran lunga utilizzata, nei settori dei conglomerati cementizi o bituminosi...

Difatti, quel materiale naturale prevede un più ampio interesse (basti osservare come le sole immagini di eruzione di questi giorni da parte del nostro cratere Etna, stiano facendo il giro del mondo), esse infatti comprendono, lo studio, l'informazione, le ricerche di mercato, l'elaborazione dati anche in ambito informatico con riferimento alla realizzazione e alla gestione di comunicazione sul web, la pubblicazione di opuscoli, libri, aggiornamenti tecnici periodici, l'organizzazione di conferenze in presenza o a distanza, ma anche la  progettazione e il marketing di nuovi prodotti in settori diversi e totalmente innovativi, quali ad esempio quelli estetici, medicali o anche utili al compostaggio come fertilizzanti, venduti sfusi o previo insacchettamento...

Ed ancora, come non tenere conto del numero delle maestranze che occupa tutto quel comparto, ed è proprio su questo punto che si concretizza l'impegno del "Consorzio della Pietra Lavica dell'Etna" che svolge nei confronti dei propri consorziati attraverso consulenze interne e/o esterne, tutta una serie di formazioni e addestramento dei lavoratori sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, con l'attuazione di misure di prevenzione e protezione per limitare i rischi connessi con quelle tipologie di lavorazioni, con riferimento ai manovratori dei mezzi d’opera per l’estrazione, ai suoi addetti nei frantoi sia  fissi che mobili, agli operatori di macchinari e attrezzature quali mono/multifilo a disco diamantato, taglia blocchi, segatrici a disco giganti, telai, fresatrici, linee di lucidatura a ponte, calibatrici, ceratrici, dispositivi antigraffio, impianti di resinatura, etc., ma non solo, perché il comparto comprende anche i trasportatori c/terzi e tutti quegli artigiani che con le loro mani realizzano vere e proprie opere d'arti, tra cui sculture e gioielli che vengono esposti in tutto il mondo... 

In questo post non entro nel merito dell'articolo pubblicato stamani, preferisco viceversa chiedere un incontro al Presidente del Consorzio per meglio comprendere alcuni suoi richiami, in particolare quando Egli fa riferimento agli interlocutori istituzionali, al ruolo rivestito dal Distretto della Pietra lavica, allo stallo determinato dalla burocrazia, ma soprattutto ciò che più vorrei chiedergli è in quali modi si attua l'abusivismo - vera piaga per l'intero comparto - e come ancora oggi riesca a mettere in pratica quei suoi meccanismi illegali...  

Difatti, considerato che proprio su quest'ultimo punto (ma... senza alcuna presunzione) il sottoscritto abbia negli scorsi anni evidenziato modalità, complicità e collusioni (nei confronti di un settore che viceversa si dimostrava impenetrabile e coperto da omertà e silenzi...) attraverso i suoi molteplici post (di cui alcuni di essi, ho potuto scoprire essere stati ripresi su taluni siti web, tra cui proprio dal "Consorzio" nella categoria  "news": https://www.consorziodellapietralavicadelletna.com/notizie-dal-web- ) e dove sempre in maniera esplicita, ho cercato di far emergere tutte quelle conosciute procedure fraudolente messe in pratica da taluni "prenditori" disonesti, ma anche da una serie di collusi funzionari pubblici, incaricati a quei controlli, che si sono di fatto assoggettati agli affiliati della criminalità organizzata, gli stessi che, come ben sappiamo, hanno provato in questi anni ad inserirsi in questo comparto - sottoposto tra l'altro al preventivo controllo antimafia da parte delle prefetture nazionali ("White-List") - per riuscire così a penetrare nel milionario mondo dei lavori pubblici... 

Auspico quindi a breve di poter incontrare il Dott. Grassi, affinché al sottoscritto possa (ma mi auguro anche alle forze dell'ordine da sempre predisposte a quel contrasto, tra cui ad esempio il Nucleo Operativo dei Carabinieri - N.O.E.) far comprendere, quali modalità debbano essere al più celere adottate per riuscire a debellare in modo definitivo, quella diffusa e "celata" presenza di illegalità!!!

sabato 20 febbraio 2021

Avv. Andrea Piazza: nuovo Coordinatore di "ITALEXIT"

Mi permetto di condividere un'intervista pubblicata sul sito web "Globus Magazine" dell'amico Avv. Andrea Piazza, link: http://www.globusmagazine.it/intervista-allavvocato/ a cui seguirà la conferenza stampa all’ARS con Paragone e il gruppo “Attiva Sicilia”.

Come nuovo coordinatore ITALEXIT, come sta procedendo, gentile Andrea, a tutela della cittadinanza palermitana?

“Ho inviato una lettera alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo al fine di aprire un fascicolo d’indagine per accertare se la pretesa dell’azienda municipalizzata AMAP per servizi inesistenti “depurazione e fognatura dove la linea è inesistente” integri illecito penalmente rilevante non retrocedendo ad illeciti civili”.

Cosa è successo? Potrebbe farci un riassunto dei fatti stigmatizzati in precedenza?

“Richiamando un precedente esposto di denunzia penale che porta la mia firma, dice l’avvocato Andrea Piazza, che condanna l’AMAP a restituire i canoni di depurazione, motivando l’irragionevolezza di pretendere il pagamento in assenza di controprestazioni”.

Cosa si chiede e come si procederà per ovviare a questa ingiustizia?

“Da contenuto e documentazione dell’esposto penale summenzionato e dal contenuto degli articoli giornalistici per ammissione dei rappresentanti dell’azienda, è imposto a tutti gli utenti il pagamento in fattura anche delle voci per servizi inesistenti per depurazione e dove è inesistente la linea anche della voce fognatura, con grave pregiudizio economico dell’utenza  che da tempo è sottoposta al pagamento di prestazioni inesistenti. Ho sollecitato la Procura della Repubblica  presso il tribunale di Palermo, ad aprire un fascicolo  di indagine sulla notizia criminis per valutare se la condotta  posta in essere dell’azienda municipalizzata AMAP Palermo, consistente nella pretesa  di pagamento in bolletta di voci per servizi inesistenti, integri i presupposti di illecito penalmente rilevanti, adottando al contempo  ogni utile provvedimento funzionale a scongiurare le reiterazione di reato nell’emissione delle successive bollette di fornitura”

venerdì 19 febbraio 2021

Covid Sicilia: al via la vaccinazione degli over 80.

La Sicilia entra nel pieno della campagna di vaccinazione di massa. Prenderà il via domani, sabato 20 febbraio, in tutte le province della Sicilia, la somministrazione dei vaccini anticovid sulla popolazione over 80 (fino a tutta la classe 1941). 

Complessivamente saranno 66 i centri vaccinali coinvolti, a cui andranno ad aggiungersi, a partire dal 1° marzo, le squadre sanitarie che effettueranno la vaccinazione a domicilio per quei cittadini impossibilitati a raggiungere autonomamente i siti dove si effettuano le inoculazioni.

La stima prevista dall'assessorato regionale alla Salute è pari a circa 5.000 vaccini al giorno per la sola popolazione over 80, a cui vanno ovviamente ad aggiungersi le somministrazioni sulle altre categorie che già rientrano nel piano vaccinale modulato secondo le disposizioni nazionali (forze dell'ordine, militari, personale della scuola e delle università e, a seguire, servizi di comunità ed essenziali) e i cittadini ai quali deve essere somministrata la dose di richiamo. Al momento risultano prenotate 129.940 persone appartenenti al target over 80.

La campagna di vaccinazione si avvarrà anche degli hub provinciali in fase di realizzazione nelle città capoluogo. A Palermo, infatti, è conto alla rovescia per l'apertura della struttura in fase di realizzazione nel padiglione 20 della Fiera del Mediterraneo che conterà circa 120 postazioni oltre alle aree di accoglienza e assistenza post inoculazione.

Proseguono, intanto i sopralluoghi nelle altre città siciliane dove verranno allestiti gli hub provinciali.

A Catania, il centro verrà realizzato all'interno dell'ex mercato ortofrutticolo. L'area è stata messa a disposizione dal Comune: nei giorni scorsi l'assessore alla Salute, Ruggero Razza, ha effettuato una ricognizione assieme al sindaco etneo Salvo Pogliese.

A Messina, dopo varie interlocuzioni, è stato individuato uno spazio all'interno della Fiera: si tratta del padiglione 7, ritenuto idoneo dopo un sopralluogo a cui hanno preso parte anche gli esperti della Protezione civile regionale e i rappresentanti dell’Asp.

A Siracusa il centro di vaccinazione verrà realizzato presso l'Urban Center di via Bixio, all'interno saranno predisposte una trentina di postazioni.

Sarà il Cefpas, invece, all'interno del proprio plesso palestre ad ospitare l'hub provinciale di Caltanissetta dove verranno approntati 24 box per le vaccinazioni. A Ragusa, dopo il sopralluogo, è stato individuato l'ex Ospedale civile in piazza Caduti di Nassiryia; ad Agrigento il centro verrà allestito nel Palacongressi, mentre l'hub vaccinale per la provincia di Trapani sarà realizzato nel Centro per l'integrazione degli immigrati, in contrada Cipponeri, e conterà circa 50 postazioni. Ad Enna, infine, si fa riferimento all'ospedale Umberto I.

Le strutture verranno realizzate dal dipartimento regionale di Protezione civile nell'ambito delle misure collegate alla emergenza Covid e andranno a integrarsi con i centri già operativi dallo scorso 27 dicembre.

Per la campagna vaccinale sul target over 80, secondo le disposizioni del piano nazionale, è previsto l'impiego dei vaccini Pfizer e Moderna.

N.B. Si rimanda alle comunicazioni delle Asp e/o alle Aziende ospedaliere circa il luogo e l’ora in cui seguire le fasi della prima somministrazione in ciascuna provincia o azienda.

giovedì 18 febbraio 2021

Sperano tutti nel nuovo "salvatore della patria": Mario Draghi

Quanto sta accadendo nel nostro paese con le ultime vicende vissute sotto il profilo politico, il recente cambio di governo e la pandemia che non si arresta, mi preoccupano, già... notevolmente!!!
Se poi sommiamo ad una crisi sociale diffusa, un'emergenza economica che ha portato alla chiusura di migliaia di attività produttive e a un numero considerevole di disoccupati e inoccupati, assistiamo ad una situazione che nessuno vuole in particolare perché mette a rischio la democrazia...
Ma d'altronde, ciò che nessuno vuole da quei piani alti osservare è quanto si cela sotto quello strato di tranquillità, che nasconde il reale problema del paese che è rappresentato dal profondo malessere che potrebbe improvvisamente far implodere gran parte dei cittadini!!!
Già... sento parlare di responsabilità, di un sistema "Italia" che deve a tutti costi salvare questa nazione, di un parlamento in cui i suoi referenti sembrano essere diventati uniti o si sentono parte integrante del progetto "Draghi", ma la verità è che esiste una fragilità che può ribaltare questa nostra società, la quale, pur di rimuovere definitivamente i colpevoli di questo stato di cose e in particolare tutti quegli inutili individui che ancora siedono, senza alcun merito siedono, su quelle poltrone... 
Ecco perché non c'è più tempo da perdere, basta ascoltare chiacchiere inutili o di sperare in nuovi "salvatori della patria", d'altronde come dimenticare quelli già avuti nel corso della nostra storia e di cui ancora oggi, ne dobbiamo pagare le conseguenze!!!
E' tempo quindi di far presto e di recuperare quanto più in fretta possibile ciò che è andato ormai perduto... 
Vi è un forte malumore tra i cittadini, ma loro non lo vedono, non ne sentono le urla "silenziose" che giorno per giorno vanno aumentando d'intensità...
Pensano che tutto (e tutti...) possano essere controllati, ma il rischio che si corre è quello d'assistere d'un tratto ad un contrappasso, sì... a un innalzamento della tensione sociale che potrebbe condurre a situazioni imprevedibili... 
I cittadini si sentono traditi, in particolare dalla politica e da quei suoi referenti, peraltro, non sono più disponibili a subire pugnalate e vogliono ricevere certezze che a breve s'inizi a cambiare passo e che finalmente quell'atteggiamento inconcludente abbia a finire!!!
Non è più tempo di chiedere ulteriori concessioni ed è meglio iniziare a correre ai  ripari, perché nessuno, tra un po', potrebbe essere in grado di difendere o difendersi dalle migliaia di cittadini ormai stanchi di essere presi in giro!!!
Bisogna comprendere che non si può andare avanti sperando in una cieca concessione di fiducia, in particolare quando a richiederla sono quei soggetti che hanno dimostrato di non meritarla, gli stessi che hanno di fatto trascinato questo nostro Paese al baratro 
Per cui, se da un lato ciascuno di noi è disponibile a fare sacrifici e a compiere ulteriori sforzi per il bene della nostra nazione, dall'altro, quando a richiederlo sono proprio quei soggetti che non hanno avuto neppure - in un momento così grave -  il pensiero di ridursi il proprio onorario , ditemi se non sia corretto prendere atto che forse l'unica scelta ancora rimasta è quella di lottare per una nuova idea di democrazia, che da oltre trent'anni si è andata calpestando!!!
D'altro canto (come probabilmente prevedo...), continuare da parte nostra a non far nulla, porterà certamente tra qualche anno ciascuno di noi a scoprire di aver perso una grande occasione, chissà forse l'ultima, sì... per ritornare ad essere nuovamente liberi!!!

mercoledì 17 febbraio 2021

Il messaggio del premier Draghi riguarda la "responsabilità nazionale"!!! Ma scusate, non è la stessa parola utilizzata dal suo predecessore??? Ed allora cos'è cambiato??? Ah sì dimenticavo... le poltrone!!!

Ho appena finito di leggere il programma del premier Draghi ed ho voluto sottolineare le parti più interessanti di quel suo discorso e cioè quelle che hanno coinvolto esclusivamente noi cittadini, perché una cosa va riconosciuta a quell'inutile Parlamento (o per meglio dire ad una parte di coloro che siedono in quelle poltrone), e cioè, di aver pensato di tutelare i propri interessi, viceversa, più 100.000 nostri connazionali hanno lo scorso anno perso la vita mentre e più di 5 milioni stanno sopravvivendo patendo quasi la fame!!!

Leggendo peraltro il programma, mi sarei aspettato di leggere qualcosa che riguardasse il contrasto alla criminalità organizzata, a quella diffusa corruzione presente in particolare nel settore pubblico, a quel continuo malaffare, ed anche, alle ingerenze e collusioni che ormai sono ovunque presenti...

Ma su quanto sopra nulla o meglio... una semplice stringa, in cui è stato riportato: legalità e sicurezza siano sempre garantite!!!

Che cazz... ta!!!

Ed allora se vi va... rileggetevi questo suo messaggio che con tanto entusiasmo è stato apprezzato da gran parte di quei parlamentari presenti ( peccato... già, se a quelle parole pronunciate dal premier avessimo potuto leggere le loro menti, chissà, forse anche noi... avremmo iniziato a ridere)!!!     

Il primo pensiero che vorrei condividere con Voi è quello che riguarda la "responsabilità nazionale"!!! 

Uh... l'abbiamo vista, già... quanta responsabilità, d'altronde come non ricordare quanto occorso durante le ultime sedute all'ex premier Conte!!!

Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme. Il virus è nemico di tutti. Ed è nel commosso ricordo di chi non c'è più che cresce il nostro impegno. 

Prima di illustrarvi il mio programma, vorrei rivolgere un altro pensiero, partecipato e solidale, a tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato, a coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari. Conosciamo le loro ragioni, siamo consci del loro enorme sacrificio e li ringraziamo. Ci impegniamo a fare di tutto perché possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni. Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole.

Il Governo farà le riforme ma affronterà anche l'emergenza. Non esiste un prima e un dopo. Siamo consci dell'insegnamento di Cavour:"... le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l'autorità, la rafforzano". Ma nel frattempo dobbiamo occuparci di chi soffre adesso, di chi oggi perde il lavoro o è costretto a chiudere la propria attività.

Nel ringraziare, ancora una volta il presidente della Repubblica per l'onore dell'incarico che mi è stato assegnato, vorrei dirvi che non vi è mai stato, nella mia lunga vita professionale, un momento di emozione così intensa e di responsabilità così ampia. 

Forse l'unica affermazione che condivido è questa: Ringrazio altresì il mio predecessore Giuseppe Conte che ha affrontato una situazione di emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall'Unità d'Italia!!!

Si è discusso molto sulla natura di questo governo. La storia repubblicana ha dispensato una varietà infinita di formule. Nel rispetto che tutti abbiamo per le istituzioni e per il corretto funzionamento di una democrazia rappresentativa, un esecutivo come quello che ho l'onore di presiedere, specialmente in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo, è semplicemente il governo del Paese. Non ha bisogno di alcun aggettivo che lo definisca. Riassume la volontà, la consapevolezza, il senso di responsabilità delle forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti, dei propri elettori come degli elettori di altri schieramenti, anche dell'opposizione, dei cittadini italiani tutti. Questo è lo spirito repubblicano di un governo che nasce in una situazione di emergenza raccogliendo l'alta indicazione del capo dello Stato.

La crescita di un'economia di un Paese non scaturisce solo da fattori economici. Dipende dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di speranze. Gli stessi fattori determinano il progresso di un Paese.

Si è detto e scritto che questo governo è stato reso necessario dal fallimento della politica. Mi sia consentito di non essere d'accordo. Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità ma semmai, in un nuovo e del tutto inconsueto perimetro di collaborazione, ne fa uno avanti nel rispondere alle necessità del Paese, nell'avvicinarsi ai problemi quotidiani delle famiglie e delle imprese che ben sanno quando è il momento di lavorare insieme, senza pregiudizi e rivalità.

Nei momenti più difficili della nostra storia, l'espressione più alta e nobile della politica si è tradotta in scelte coraggiose, in visioni che fino a un attimo prima sembravano impossibili. Perché prima di ogni nostra appartenenza, viene il dovere della cittadinanza.

Siamo cittadini di un Paese che ci chiede di fare tutto il possibile, senza perdere tempo, senza lesinare anche il più piccolo sforzo, per combattere la pandemia e contrastare la crisi economica. E noi oggi, politici e tecnici che formano questo nuovo esecutivo siamo tutti semplicemente cittadini italiani, onorati di servire il proprio Paese, tutti ugualmente consapevoli del compito che ci è stato affidato.

Questo è lo spirito repubblicano del mio governo.

La durata dei governi in Italia è stata mediamente breve ma ciò non ha impedito, in momenti anche drammatici della vita della nazione, di compiere scelte decisive per il futuro dei nostri figli e nipoti. Conta la qualità delle decisioni, conta il coraggio delle visioni, non contano i giorni. Il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo. Oggi noi abbiamo, come accadde ai governi dell'immediato Dopoguerra, la possibilità, o meglio la responsabilità, di avviare una Nuova Ricostruzione. L'Italia si risollevò dal disastro della Seconda Guerra Mondiale con orgoglio e determinazione e mise le basi del miracolo economico grazie a investimenti e lavoro. Ma soprattutto grazie alla convinzione che il futuro delle generazioni successive sarebbe stato migliore per tutti. Nella fiducia reciproca, nella fratellanza nazionale, nel perseguimento di un riscatto civico e morale. A quella Ricostruzione collaborarono forze politiche ideologicamente lontane se non contrapposte. Sono certo che anche a questa Nuova Ricostruzione nessuno farà mancare, nella distinzione di ruoli e identità, il proprio apporto. Questa è la nostra missione di italiani: consegnare un Paese migliore e più giusto ai figli e ai nipoti.

Spesso mi sono chiesto se noi, e mi riferisco prima di tutto alla mia generazione, abbiamo fatto e stiamo facendo per loro tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi, sacrificandosi oltre misura. È una domanda che ci dobbiamo porre quando non facciamo tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l'università e la cultura. Una domanda alla quale dobbiamo dare risposte concrete e urgenti quando deludiamo i nostri giovani costringendoli ad emigrare da un paese che troppo spesso non sa valutare il merito e non ha ancora realizzato una effettiva parità di genere. Una domanda che non possiamo eludere quando  aumentiamo il nostro debito pubblico senza aver speso e investito al meglio risorse che sono sempre scarse. Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti. Esprimo davanti a voi, che siete i rappresentanti eletti degli italiani, l'auspicio che il desiderio e la necessità di costruire un futuro migliore orientino saggiamente le nostre decisioni. Nella speranza che i giovani italiani che prenderanno il nostro posto, anche qui in questa aula, ci ringrazino per il nostro lavoro e non abbiano di che rimproverarci per il nostro egoismo.

Questo governo nasce nel solco dell'appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all'Unione europea, e come protagonista dell'Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori.  Sostenere questo governo significa condividere l'irreversibilità della scelta dell'euro, significa condividere la prospettiva di un'Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione. Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Anzi, nell'appartenenza convinta al destino dell'Europa siamo ancora più italiani, ancora più vicini ai nostri territori di origine o residenza. Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell'Unione europea. Senza l'Italia non c'è l'Europa. Ma, fuori dall'Europa c'è meno Italia. Non c'è sovranità nella solitudine. C'è solo l'inganno di ciò che siamo, nell'oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere. Siamo una grande potenza economica e culturale. Mi sono sempre stupito e un po' addolorato in questi anni, nel notare come spesso il giudizio degli altri sul nostro Paese sia migliore del nostro. Dobbiamo essere più orgogliosi, più giusti e più generosi nei confronti del nostro Paese. E riconoscere i tanti primati, la profonda ricchezza del nostro capitale sociale, del nostro volontariato, che altri ci invidiano.

Da quando è esplosa l'epidemia, ci sono stati -- i dati ufficiali sottostimano il fenomeno -- 92.522 morti, 2.725.106 cittadini colpiti dal virus, in questo momento 2.074 sono i ricoverati in terapia intensiva. Ci sono 259 morti tra gli operatori sanitari e 118.856 sono quelli contagiati, a dimostrazione di un enorme sacrificio sostenuto con generosità e impegno. Cifre che hanno messo a dura prova il sistema sanitario nazionale, sottraendo personale e risorse alla prevenzione e alla cura di altre patologie, con conseguenze pesanti sulla salute di tanti italiani.

L'aspettativa di vita, a causa della pandemia, è diminuita: fino a 4 - 5 anni nelle zone di maggior contagio; un anno e mezzo - due in meno per tutta la popolazione italiana. Un calo simile non si registrava in Italia dai tempi delle due guerre mondiali.

La diffusione del virus ha comportato gravissime conseguenze anche sul tessuto economico e sociale del nostro Paese. Con rilevanti impatti sull'occupazione, specialmente quella dei giovani e delle donne. Un fenomeno destinato ad aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento.

Si è anche aggravata la povertà. I dati dei centri di ascolto Caritas, che confrontano il periodo maggio-settembre del 2019 con lo stesso periodo del 2020, mostrano che da un anno all'altro l'incidenza dei "nuovi poveri" passa dal 31% al 45%: quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Tra i nuovi poveri aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, degli italiani, che sono oggi la maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa, di fasce di cittadini finora mai sfiorati dall'indigenza.

Il numero totale di ore di Cassa integrazione per emergenza sanitaria dal 1 aprile al 31 dicembre dello scorso anno supera i 4 milioni. Nel 2020 gli occupati sono scesi di 444 mila unità ma il calo si è accentrato su contratti a termine (-393 mila) e lavoratori autonomi (-209). La pandemia ha finora ha colpito soprattutto giovani e donne, una disoccupazione selettiva ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti  a tempo indeterminato.

Gravi e con pochi precedenti storici gli effetti sulla diseguaglianza. In assenza di interventi pubblici il coefficiente di Gini, una misura della diseguaglianza nella distribuzione del reddito, sarebbe aumentato, nel primo semestre del 2020 (secondo una recente stima), di 4 punti percentuali, rispetto al 34.8% del 2019. Questo aumento sarebbe stato maggiore di quello cumulato durante le due recenti recessioni. L'aumento nella diseguaglianza è stato tuttavia attenuato dalle reti di protezione presenti nel nostro sistema di sicurezza sociale, in particolare dai provvedimenti che dall'inizio della pandemia li hanno rafforzati. Rimane però il fatto che il nostro sistema di sicurezza sociale è squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo determinato e i lavoratori autonomi.

Le previsioni pubblicate la scorsa settimana dalla Commissione europea indicano che sebbene nel 2020 la recessione europea sia stata meno grave di quanto ci si aspettasse -- e che quindi già fra poco più di un anno si dovrebbero recuperare i livelli di attività economica pre-pandemia - in Italia questo non accadrà prima della fine del 2022, in un contesto in cui, prima della pandemia, non avevamo ancora recuperato pienamente gli effetti delle crisi del 2008-09 e del 2011-13.

La diffusione del Covid ha provocato ferite profonde nelle nostre comunità, non solo sul piano sanitario ed economico, ma anche su quello culturale ed educativo. Le ragazze e i ragazzi hanno avuto, soprattutto quelli nelle scuole secondarie di secondo grado, il servizio scolastico attraverso la Didattica a Distanza che, pur garantendo la continuità del servizio, non può non creare disagi ed evidenziare diseguaglianze. Un dato chiarisce meglio la dinamica attuale: a fronte di 1.696.300 studenti delle scuole secondarie di secondo grado, nella prima settimana di febbraio solo 1.039.372 studenti (il 61,2% del totale) ha avuto assicurato il servizio attraverso la Didattica a Distanza.

Questa situazione di emergenza senza precedenti impone di imboccare, con decisione e rapidità, una strada di unità e di impegno comune.

Il piano di vaccinazione. Gli scienziati in soli 12 mesi hanno fatto un miracolo: non era mai accaduto che si riuscisse a produrre un nuovo vaccino in meno di un anno. La nostra prima sfida è, ottenutene le quantità sufficienti, distribuirlo rapidamente ed efficientemente.

Abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari. Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all'interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti: abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private. Facendo tesoro dell'esperienza fatta con i tamponi che, dopo un ritardo iniziale, sono stati permessi anche al di fuori della ristretta cerchia di ospedali autorizzati. E soprattutto imparando da Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi disponendo subito di quantità di vaccini adeguate. La velocità è essenziale non solo per proteggere gli individui e le loro comunità sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti del virus.

Sulla base dell'esperienza dei mesi scorsi dobbiamo aprire un confronto a tutto campo sulla riforma della nostra sanità. Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria). È questa la strada per rendere realmente esigibili i "Livelli essenziali di assistenza" e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La "casa come principale luogo di cura" è oggi possibile con la telemedicina, con l'assistenza domiciliare integrata.

La scuola: non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà.

Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale. Allineare il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall'esperienza vissuta dall'inizio della pandemia. Il ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza.

È necessario investire in una transizione culturale a partire dal patrimonio identitario umanistico riconosciuto a livello internazionale. Siamo chiamati disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, e coniugare le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo.

Infine è necessario investire nella formazione del personale docente per allineare l'offerta educativa alla domanda delle nuove generazioni.

In questa prospettiva particolare attenzione va riservata agli ITIS (istituti tecnici). In Francia e in Germania, ad esempio, questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo. E' stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell'area digitale e ambientale. Il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza assegna 1,5 md agli ITIS, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Senza innovare l'attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che quelle risorse vengano sprecate.

La globalizzazione, la trasformazione digitale e la transizione ecologica stanno da anni cambiando il mercato del lavoro e richiedono continui adeguamenti nella formazione universitaria. Allo stesso tempo occorre investire adeguatamente nella ricerca, senza escludere la ricerca di base, puntando all'eccellenza, ovvero a una ricerca riconosciuta a livello internazionale per l'impatto che produce sulla nuova conoscenza e sui nuovi modelli in tutti i campi scientifici. Occorre infine costruire sull'esperienza di didattica a distanza maturata nello scorso anno sviluppandone le potenzialità con l'impiego di strumenti digitali che potranno essere utilizzati nella didattica in presenza.

Quando usciremo, e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo? Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi sia stata simile ad una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così.

Il riscaldamento del pianeta ha effetti diretti sulle nostre vite e sulla nostra salute, dall'inquinamento, alla fragilità idrogeologica, all'innalzamento del livello dei mari che potrebbe rendere ampie zone di alcune città litoranee non più abitabili. Lo spazio che alcune megalopoli hanno sottratto alla natura potrebbe essere stata una delle cause della trasmissione del virus dagli animali all'uomo.

Come ha detto papa Francesco "Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E io penso che se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l'opera del Signore".

Proteggere il futuro dell'ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, richiede un approccio nuovo: digitalizzazione,  agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori , biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l'ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane.

Anche nel nostro Paese alcuni modelli di crescita dovranno cambiare. Ad esempio il modello di turismo, un'attività  che prima della pandemia rappresentava il 14 per cento del totale delle nostre attività economiche. Imprese e lavoratori in quel settore vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia. Ma senza scordare che il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d'arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato.

Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce. Questa osservazione, che gli scienziati non smettono di ripeterci, ha una conseguenza importante. Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi.

La capacità di adattamento del nostro sistema produttivo e interventi senza precedenti hanno permesso di preservare la forza lavoro in un anno drammatico: sono stati sette milioni i lavoratori che hanno fruito di strumenti di integrazione salariale per un totale di 4 miliardi di ore. Grazie a tali misure, supportate anche dalla Commissione Europea mediante il programma SURE, è stato possibile limitare gli effetti negativi sull'occupazione. A pagare il prezzo più alto sono stati i giovani, le donne e i lavoratori autonomi. E' innanzitutto a loro che bisogna pensare quando approntiamo una strategia di sostegno delle imprese e del lavoro, strategia che dovrà coordinare la sequenza degli interventi sul lavoro, sul credito e sul capitale.

Centrali sono le politiche attive del lavoro. Affinché esse siano immediatamente operative è necessario migliorare gli strumenti esistenti, come l'assegno di riallocazione, rafforzando le politiche di formazione dei lavoratori occupati e disoccupati. Vanno anche rafforzate le dotazioni di personale e digitali dei centri per l'impiego in accordo con le regioni. Questo progetto è già parte del Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza ma andrà anticipato da subito.

Il cambiamento climatico, come la pandemia, penalizza alcuni settori produttivi senza che vi sia un'espansione in altri settori che possa compensare. Dobbiamo quindi essere noi ad assicurare questa espansione e lo dobbiamo fare subito.

La risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l'innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l'accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create.

Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta.

La mobilitazione di tutte le energie del Paese nel suo rilancio non può prescindere dal coinvolgimento delle donne. Il divario di genere nei tassi di occupazione in Italia rimane tra i più alti di Europa: circa 18 punti su una media europea di 10. Dal dopoguerra ad oggi, la situazione è notevolmente migliorata, ma questo incremento non è andato di pari passo con un altrettanto evidente miglioramento delle condizioni di carriera delle donne. L'Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo.

Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro.

Garantire parità di condizioni competitive significa anche assicurarsi che tutti abbiano eguale accesso alla formazione di quelle competenze chiave che sempre più permetteranno di fare carriera - digitali, tecnologiche e ambientali. Intendiamo quindi investire, economicamente ma soprattutto culturalmente, perché sempre più giovani donne scelgano di formarsi negli ambiti su cui intendiamo rilanciare il Paese. Solo in questo modo riusciremo a garantire che le migliori risorse siano coinvolte nello sviluppo del Paese.

Aumento dell'occupazione, in primis, femminile, è obiettivo imprescindibile: benessere, autodeterminazione, legalità, sicurezza sono strettamente legati all'aumento dell'occupazione femminile nel Mezzogiorno. Sviluppare la capacità di attrarre investimenti privati nazionali e internazionali è essenziale per generare reddito, creare lavoro, investire il declino demografico e lo spopolamento delle aree interne. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite. Vi sono poi strumenti specifici quali il credito d'imposta e altri interventi da concordare in sede europea.

Per riuscire a spendere e spendere bene, utilizzando gli investimenti dedicati dal Next Generation EU occorre irrobustire le amministrazioni meridionali, anche guardando con attenzione all'esperienza di un passato che spesso ha deluso la speranza.

In tema di infrastrutture occorre investire sulla preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare ed accelerare gli investimenti con certezza dei tempi, dei costi e in piena compatibilità con gli indirizzi di sostenibilità e crescita indicati nel Programma nazionale di Ripresa e Resilienza. Particolare attenzione va posta agli investimenti in manutenzione delle opere e nella tutela del territorio, incoraggiando l'utilizzo di tecniche predittive basate sui più recenti sviluppi in tema di Intelligenza artificiale e tecnologie digitali. Il settore privato deve essere invitato a partecipare alla realizzazione degli investimenti pubblici apportando più che finanza, competenza, efficienza e innovazione per accelerare la realizzazione dei progetti nel rispetto dei costi previsti.

La strategia per i progetti del Next Generation EU non può che essere trasversale e sinergica, basata sul principio dei co-benefici, cioè con la capacità di impattare simultaneamente più settori, in maniera coordinata. 

Dovremo imparare a prevenire piuttosto che a riparare,  non solo  dispiegando tutte le  tecnologie a nostra disposizione ma anche investendo sulla consapevolezza  delle nuove generazioni che "ogni azione ha una conseguenza".

Come si è ripetuto più volte, avremo a disposizione circa 210 miliardi lungo un periodo di sei anni.

Queste risorse dovranno essere spese puntando a migliorare il potenziale di crescita della nostra economia. La quota di prestiti aggiuntivi che richiederemo tramite la principale componente del programma, lo Strumento per la ripresa e resilienza, dovrà essere modulata in base agli obiettivi di finanza pubblica.

Il precedente Governo ha già svolto una grande mole di lavoro sul Programma di ripresa e resilienza (PNRR). Dobbiamo approfondire e completare quel lavoro che, includendo le necessarie interlocuzioni con la Commissione Europea, avrebbe una scadenza molto ravvicinata, la fine di aprile.

Gli orientamenti che il Parlamento esprimerà nei prossimi giorni a commento della bozza di Programma presentata dal Governo uscente saranno di importanza fondamentale nella preparazione della sua versione finale. Voglio qui riassumere l'orientamento del nuovo Governo.

Le Missioni del Programma potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente, ovvero l'innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l'equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva.

Dovremo rafforzare il Programma prima di tutto per quanto riguarda gli obiettivi strategici e le riforme che li accompagnano.

Il Programma è finora stato costruito in base ad obiettivi di alto livello e aggregando proposte progettuali in missioni, componenti e linee progettuali. Nelle prossime settimane rafforzeremo la dimensione strategica del Programma, in particolare con riguardo agli obiettivi riguardanti la produzione di energia da fonti rinnovabili, l'inquinamento dell'aria e delle acque, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell'energia per i veicoli a propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5G.

Il ruolo dello Stato e il perimetro dei suoi interventi dovranno essere valutati con attenzione. Compito dello dello Stato è utilizzare le leve della spesa per ricerca e sviluppo, dell'istruzione e della formazione, della regolamentazione, dell'incentivazione e della tassazione.

In base a tale visione strategica, il Programma nazionale di Ripresa e Resilienza indicherà obiettivi per il prossimo decennio e più a lungo termine, con una tappa intermedia per l'anno finale del Next Generation EU, il 2026. Non basterà elencare progetti che si vogliono completare nei prossimi anni. Dovremo dire dove vogliamo arrivare nel 2026 e a cosa puntiamo per il 2030 e il 2050, anno in cui l'Unione Europea intende arrivare a zero emissioni nette di CO2 e gas clima-alteranti.

Selezioneremo progetti e iniziative coerenti con gli obiettivi strategici del Programma, prestando grande attenzione alla loro fattibilità nell'arco dei sei anni del programma. Assicureremo inoltre che l'impulso occupazionale del Programma sia sufficientemente elevato in ciascuno dei sei anni, compreso il 2021.

Chiariremo il ruolo del terzo settore e del contributo dei privati al Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza attraverso i meccanismi di finanziamento a leva (fondo dei fondi).

Sottolineeremo il ruolo della scuola che tanta parte ha negli obiettivi di coesione sociale e territoriale e quella dedicata all'inclusione sociale e alle politiche attive del lavoro

Nella sanità dovremo usare questi progetti per porre le basi, come indicato sopra, per rafforzare la medicina territoriale e la telemedicina.

La governance del Programma di ripresa e resilienza è incardinata nel Ministero dell'Economia e Finanza con la strettissima collaborazione dei Ministeri competenti che definiscono le politiche e i progetti di settore. Il Parlamento verrà costantemente informato sia sull'impianto complessivo, sia sulle politiche di settore.

Infine il capitolo delle riforme che affronterò ora separatamente...

Alcune riguardano problemi aperti da decenni ma che non per questo vanno dimenticati. Fra questi la certezza delle norme e dei piani di investimento pubblico, fattori che limitano gli investimenti, sia italiani che esteri. inoltre la concorrenza: chiederò all'Autorità garante per la concorrenza e il mercato, di produrre in tempi brevi come previsto dalla Legge Annuale sulla Concorrenza (Legge 23 luglio 2009, n. 99) le sue proposte in questo campo.

Negli anni recenti i nostri tentativi di riformare il paese non sono stati del tutto assenti, ma i loro effetti concreti sono stati limitati. Il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall'urgenza del momento, senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza. Nel caso del fisco, per fare un esempio, non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all'altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta. Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli.

Inoltre, le esperienze di altri paesi insegnano che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate a esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un'imposta. Ad esempio la Danimarca, nel 2008, nominò una Commissione di esperti in materia fiscale. La Commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e solo dopo presentò la sua relazione al Parlamento. Il progetto prevedeva un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil. L'aliquota marginale massima dell'imposta sul reddito veniva ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata.

Un metodo simile fu seguito in Italia all'inizio degli anni Settanta del secolo scorso quando il governo affidò ad una commissione di esperti, fra i quali Bruno Visentini e Cesare Cosciani, il compito di ridisegnare il nostro sistema tributario, che non era stato più modificato dai tempi della riforma Vanoni del 1951. Si deve a quella commissione l'introduzione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e del sostituto d'imposta per i redditi da lavoro dipendente. Una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l'architrave della politica di bilancio

In questa prospettiva va studiata una revisione profonda dell'Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività. Funzionale al perseguimento di questi ambiziosi obiettivi sarà anche un rinnovato e rafforzato impegno nell'azione di contrasto all'evasione fiscale.

L'altra riforma che non si può procrastinare è quella della pubblica amministrazione. Nell'emergenza l'azione amministrativa, a livello centrale e nelle strutture locali e periferiche, ha dimostrato capacità di resilienza e di adattamento grazie a un impegno diffuso nel lavoro a distanza e a un uso intelligente delle tecnologie a sua disposizione. La fragilità del sistema delle pubbliche amministrazioni e dei servizi di interesse collettivo è, tuttavia, una realtà che deve essere rapidamente affrontata.

Particolarmente urgente è lo smaltimento dell'arretrato accumulato durante la pandemia. Agli uffici verrà chiesto di predisporre un piano di smaltimento dell'arretrato e comunicarlo ai cittadini

La riforma dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini; aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati.

Nel campo della giustizia le azioni da svolgere sono principalmente quelle che si collocano all'interno del contesto e delle aspettative dell'Unione europea. Nelle Country Specific Recommendations indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020, la Commissione, pur dando atto dei progressi compiuti negli ultimi anni, ci esorta: ad aumentare l'efficienza del sistema giudiziario civile, attuando e favorendo l'applicazione dei decreti di riforma in materia di insolvenza, garantendo un funzionamento più efficiente dei tribunali, favorendo lo smaltimento dell'arretrato e una migliore gestione dei carichi di lavoro, adottando norme procedurali più semplici, coprendo i posti vacanti del personale amministrativo, riducendo le differenze che sussistono nella gestione dei casi da tribunale a tribunale e infine favorendo la repressione della corruzione.

Nei nostri rapporti internazionali questo governo sarà convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell'Italia: Unione europea, Alleanza Atlantica, Nazioni Unite. Ancoraggi che abbiamo scelto fin dal dopoguerra, in un percorso che ha portato benessere, sicurezza e prestigio internazionale. Profonda è la nostra vocazione a favore di un multilateralismo efficace, fondato sul ruolo insostituibile delle Nazioni Unite. Resta forte la nostra attenzione e proiezione verso le aree di naturale interesse prioritario, come i Balcani, il Mediterraneo allargato, con particolare attenzione alla Libia e al Mediterraneo orientale, e all'Africa.

Gli anni più recenti hanno visto una spinta crescente alla costruzione in Europa di reti di rapporti bilaterali e plurilaterali privilegiati. Proprio la pandemia ha rivelato la necessità di perseguire uno scambio più intenso con i partner con i quali la nostra economia è più integrata. Per l'Italia ciò comporterà la necessità di meglio strutturare e rafforzare il rapporto strategico e imprescindibile con Francia e Germania. Ma occorrerà anche consolidare la collaborazione con Stati con i quali siamo accomunati da una specifica sensibilità mediterranea e dalla condivisione di problematiche come quella ambientale e migratoria: Spagna, Grecia, Malta e Cipro. Continueremo anche a operare affinché si avvii un dialogo più virtuoso tra l'Unione europea e la Turchia, partner e alleato Nato.

L'Italia si adopererà per alimentare meccanismi di dialogo con la Federazione Russa. Seguiamo con preoccupazione ciò che sta accadendo in questo e in altri paesi dove i diritti dei cittadini sono spesso violati. Seguiamo anche con preoccupazione l'aumento delle tensioni in Asia intorno alla Cina.

Altra sfida sarà il negoziato sul nuovo Patto per le migrazioni e l'asilo, nel quale perseguiremo un deciso rafforzamento dell'equilibrio tra responsabilità dei Paesi di primo ingresso e solidarietà effettiva. Cruciale sarà anche la costruzione di una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto dei diritti dei rifugiati.

L'avvento della nuova Amministrazione USA prospetta un cambiamento di metodo, più cooperativo nei confronti dell'Europa e degli alleati tradizionali. Sono fiducioso che i nostri rapporti e la nostra collaborazione non potranno che intesificarsi.

Dal dicembre scorso e fino alla fine del 2021, l'Italia esercita per la prima volta la Presidenza del G20. Il programma, che coinvolgerà l'intera compagine governativa, ruota intorno a tre pilastri: People, Planet, Prosperity. L'Italia avrà la responsabilità di guidare il Gruppo verso l'uscita dalla pandemia, e di rilanciare una crescita verde e sostenibile a beneficio di tutti. Si tratterà di ricostruire e di ricostruire meglio.

Insieme al Regno Unito - con cui quest'anno abbiamo le Presidenze parallele del G7 e del G20 - punteremo sulla sostenibilità e la "transizione verde" nella prospettiva della prossima Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico (Cop 26), con una particolare attenzione a coinvolgere attivamente le giovani generazioni, attraverso l'evento "Youth4Climate".

Questo è il terzo governo della legislatura. Non c'è nulla che faccia pensare che possa far bene senza il sostegno convinto di questo Parlamento. E' un sostegno che non poggia su alchimie politiche ma sullo spirito di sacrificio con cui donne e uomini hanno affrontato l'ultimo anno, sul loro vibrante desiderio di rinascere, di tornare più forti e sull'entusiasmo dei giovani che vogliono un paese capace di realizzare i loro sogni. Oggi, l'unità non è un'opzione, l'unità è un dovere. Ma è un dovere guidato da ciò che son certo ci unisce tutti: l'amore per l'Italia.

Sì... certo...

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