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martedì 15 luglio 2025

L’azione quotidiana dei Carabinieri di Paternò per un territorio più sicuro.

Chi mi conosce sa bene quanto io tenga al controllo del territorio e a quanto ritenga fondamentale questa presenza per contrastare fenomeni come la corruzione e il malaffare. 

Non è una questione recente, anzi, da tempo ho più volte sottolineato come in alcune regioni del centro Italia si respiri un senso di sicurezza diverso, grazie alla costanza dei controlli da parte delle forze dell’ordine. 

In posti come la Toscana o l’Umbria capita spesso di incontrare pattuglie lungo le strade, mentre qui, nella mia isola, sembra che il territorio venga lasciato troppo spesso senza quel minimo di attenzione necessaria per mantenere un certo livello di ordine.

Inizialmente pensavo fosse solo una questione numerica, come se non ci fossero abbastanza uomini disponibili per garantire una reale capillarità sul territorio. Poi però ho cominciato a riflettere su altri fattori, come ad esempio le particolarità del contesto locale, quelle situazioni specifiche che purtroppo favoriscono il proliferare di attività illecite. Frodi, truffe, raggiri: sono tutti tasselli di un mosaico preoccupante che ormai conosciamo bene. 

E se è vero che al nord si è sviluppata una sorta di specializzazione nel fare affari sporchi in modo meno appariscente, magari attraverso schemi finanziari poco trasparenti o rapporti opachi tra politica ed economia, al sud restano radicate dinamiche illegali più visibili e violente, come estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti, prostituzione e contraffazione.

Ma torniamo al punto principale, perché è chiaro che il problema non sta tanto nel numero degli operatori, quanto nell’utilizzo che se ne fa. Ho sempre avuto l’impressione che nelle nostre zone fosse quasi impossibile trovare una pattuglia in giro, come cercare un ago in un pagliaio. Questa sensazione di abbandono mi ha spinto più volte a denunciare una mancanza di controllo che considero una vera e propria falla nel sistema di sicurezza. L’assenza dello Stato sul territorio non è solo un vuoto operativo, ma diventa terreno fertile per chiunque voglia muoversi indisturbato nell’illegalità.

Ora però qualcosa sembra muoversi e non posso che accogliere con favore l’aumento dei servizi di controllo. Resto comunque convinto che sia ancora poco rispetto alle esigenze reali del nostro territorio. Soprattutto in certi punti strategici, come i traghetti e gli imbarchi dei porti, dove ogni giorno transitano centinaia di persone e mezzi, sarebbe indispensabile una maggiore presenza militare. Un presidio continuo e mirato potrebbe fare davvero la differenza. Basterebbero pochi mesi di azione serrata per ottenere risultati tangibili, non solo in termini di repressione, ma soprattutto di prevenzione. Ogni controllo effettuato, ogni persona identificata, ogni veicolo ispezionato genera informazioni utili, dati che possono rivelarsi decisivi per inchieste in corso o per individuare legami finora nascosti.

Ed è proprio in questa direzione che si è mossa l’operazione dei Carabinieri della Compagnia di Paternò a Motta Sant’Anastasia, coordinata dal Comando Provinciale di Catania. Si è trattato di un’attività intensa e ben organizzata, volta a contrastare la criminalità diffusa attraverso una serie di interventi mirati. Pattugliamenti per le vie principali, controlli su strada, perquisizioni, verifiche nei locali commerciali. I numeri parlano da soli: 118 persone controllate, 49 delle quali con precedenti penali, 55 veicoli ispezionati, diverse sanzioni elevate per infrazioni al codice della strada, tra cui guida senza casco o uso del telefono al volante. Non solo, tra le persone fermate ce n’è stata una trovata in possesso di marijuana, immediatamente segnalata alla Prefettura.

Questo tipo di attività dimostra che quando c’è volontà e organizzazione, i risultati arrivano. E non si tratta solo di arresti o multe, ma di una percezione diversa del controllo, di una vicinanza concreta alle persone oneste che vivono e lavorano in questi luoghi. Il territorio va ripreso, strada dopo strada, quartiere dopo quartiere. Il controllo non è repressione fine a sé stessa, ma deterrenza. È far capire a chi agisce nell’ombra che non può più contare sull’indifferenza o sull’assenza. Ed è proprio questo, per me, il primo passo verso una legalità reale, quella che ancora fatica a radicarsi, ma che finalmente sembra essere diventata una priorità per qualcuno.

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