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sabato 23 marzo 2013

Uomini, mezz'uomini, ominicchi e quaquaraquà...


Ahh… l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire " UMANITA' ", una bella parola... ma piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i ( e con rispetto parlando...) pigliainculo e i quaquaraquà… 
Pochissimi sono gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… e invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… ed ancora più in giù troviamo i piglianculo, che vanno diventando un esercito…, ed infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… 
Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo... lei è un uomo!!!
Questo era il colloquio fra il capo della mafia locale, don Mariano Arena e il capitano dei carabinieri, Bellodi, nativo di Parma, splendido ed incorrutibile investigatore. 
Nel suo romanzo Sciascia, descrive Bellodi come un ufficiale per il quale “ l’autorità di cui era investito considerava come il chirurgo considera il bisturi: uno strumento da usare con precauzione, precisione e sicurezza”.
La mafia, l’omertà e la collusione a svariati livelli nello Stato, il profondo radicamento mafioso nella popolazione, sono le basi narrative su cui si poggia il romanzo poi diventato un celebre film con il titolo " Il giorno della civetta ", oggi come allora attuale, dal forte messaggio di denuncia..., in un momento in cui l'attivismo antimafia sta attraversando un momento di scarsa visibilità e di debole dinamicità, rispetto ad alcune fasi del passato, dove l’appassionata reazione della società civile, seguita alle stragi degli anni novanta, aveva operato una completa trasformazione, sia nei giudizi che nei comportamenti degli stessi cittadini nei confronti della  mafia....
I problemi della realtà siciliana, dovuti principalmente a quel sottosviluppo culturale ed economico, che rappresenta su tutti i cittadini, una spada di Damocle, crea indirettamente, quella condizione favorevole per poter alimentare consensi alla mafia, che in questa anomala situazione, tende a sostituirsi allo Stato per poterne prenderne il posto...
L’organizzazione mafiosa infatti, continua in maniera imperturbabile i propri affari, procedendo così in maniera silenziosa a muovere i propri tentacoli, grazie a quelle connivenze politiche e istituzionali, confortate da deboli resistenze da parte di commercianti e  imprenditori alle richieste estorsive, incoraggiati dall'omertà assoluta da parte dei cittadini, sollevati da quella mancata credibilità sulle istituzioni statali e sulla incapacità di fare rispettare le regole, rassicurati inoltre da controlli inesistenti e dalla ampia discrezionalità nelle applicazioni delle norme, e per finire... appoggiati da una inespressa e superficiale repressione statale, fatta di procedimenti penali " soft " e non certamente severi...
Per fortuna in direzione opposta, vanno altri fenomeni, quali, le decise prese di posizioni da parte di uomini della Chiesa, dai movimenti sorti sulla spinta dell’emozione causata dalle stragi, dalla nascita di associazioni come quella di " Libera ", dalla realizzazione del consorzio " Sviluppo e legalità " che gestisce i beni confiscati alle mafie, unendo produzione e lavoro a riscatto sociale e culturale
L'educazione alla legalità nasce con i genitori, si sviluppa nelle scuole e si diffonde attraverso la quotidianità, grazie al lavoro che diventa garanzia di prospettiva per se e per i propri figli...
Alla luce di quanto sopra, soltanto attraverso una trasformazione radicale sia nel pensiero che nella cultura, si può generare quella necessaria trasformazione, che possa favorire definitivamente quel cambio di direzione fondamentale, da quelle logiche ormai intrinseche nei pensiero di quanti vivono ed operano nel nostro Mezzogiorno...
Tentare di voler cambiare questo stato di cose, può sicuramente  risultare difficile, ma come ha detto Gian Carlo Caselli: voler incentrare la strategia di contrasto della criminalità mafiosa esclusivamente sul solo terreno, tecnico investigativo, e non anche su quello politico culturale, alla lunga è inesorabilmente perdente...

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