Catania è una delle metropoli più importanti del Sud d’Italia. Una città che con tutte le sue contraddizioni, le sue ombre e luci, è una metafora del Meridione. Nel colloquio il procuratore Zuccaro parlando delle grandi indagini di mafia sottolinea: «La legge è uguale per tutti, anche per i potenti, anche a Catania».
Qual è la situazione sul piano della sicurezza a Catania?
«Vi sono quartieri della città intensamente popolati e degradati, non solo periferici ma anche nel centro storico, in cui proliferano piazze di spaccio controllate da gruppi direttamente o indirettamente collegati con sodalizi mafiosi, che gestiscono sulle pubbliche strade i loro traffici di sostanze stupefacenti condizionando la vita e le abitudini di quei quartieri e reclutando a man bassa manovalanza anche tra la popolazione più giovane per l’attività di pusher o di vedetta».
Dopo i diversi casi di violenza che hanno avuto risonanza nazionale avvenuti nella zona della movida lei ha lanciato la richiesta di un impiego dell’esercito in sinergia con le forze dell’ordine e la polizia locale. Perché?
«L’opinione pubblica percepisce un livello di sicurezza piuttosto basso e purtroppo tale percezione corrisponde alla situazione effettiva, come recenti gravi episodi di cronaca nera confermano. Per quanto concerne la carenza di mezzi, basti pensare che il sistema di videosorveglianza pubblica a Catania è gravemente inefficiente e nonostante il previsto stanziamento di rilevanti risorse finanziarie si tarda ancora a concretizzare un piano efficiente di messa in opera di tale sistema.
Attualmente a Catania, come in altre città italiane, sono presenti contingenti di militari dell’Esercito impegnati a presidio di obiettivi sensibili contro gli attacchi terroristici.
Nelle riunioni di Comitato in Prefettura si è contemplata la possibilità del loro impiego anche in funzione di controllo dinamico del territorio, ovviamente ad integrazione e supporto del personale di Polizia, atteso che solo a quest’ultimo compete comunque la decisione e gestione dell’intervento che dovesse rendersi necessario.
Fondamentale mi sembra però anche il coinvolgimento delle associazioni di categoria e dei cittadini dei quartieri interessati in una strategia partecipata di messa in sicurezza dei quartieri».
Lei è alla guida di una delle procure in prima linea nelle grandi indagini di mafia che vedono coinvolti anche potenti esponenti del mondo imprenditoriale, economico e finanziario. Qual è stato il ruolo di Catania nelle dinamiche di collegamento fra la mafia militare e pezzi potenti dell’economia e della politica?
«Catania costituisce uno degli esempi più significativi di come Cosa Nostra possa operare per decenni in una delle città più attive nel settore commerciale, astenendosi dal compiere azioni eclatanti — tranne in rari casi — e mirando prevalentemente “agli affari”, che per la mafia significa sia l’accaparramento delle risorse economiche pubbliche e private disponibili sul territorio grazie alla rete di collusioni su cui può contare sia il reinvestimento in attività formalmente lecite dei proventi dei traffici illeciti.
Come Procura siamo impegnati nello smantellare questa vasta rete di appoggi esterni, individuando gli esponenti delle istituzioni pubbliche, del mondo delle professioni e dell’economia contigui a Cosa Nostra. E nel contempo siamo concentrati nel lavoro di confisca del vasto patrimonio immobiliare e mobiliare di questo sodalizio mafioso.
I risultati sinora conseguiti sono senz'altro positivi e incoraggianti ma siamo ben lontani dal traguardo finale e soprattutto l’impegno che ancora si richiede è assai forte ed esige un sempre maggiore coinvolgimento attivo della società civile e l’impiego di risorse investigative qualificate nel contrasto alla criminalità dei “colletti bianchi” di cui in alcune forze di Polizia si avverte a Catania ancora la mancanza, nonostante le sollecitazioni da me più rivolte ai vertici amministrativi. Senza tale impegno, e limitandosi solo a una miope politica di contenimento di Cosa Nostra il virtuoso processo innescato sarà reversibile perché il cancro mafioso che corrode il tessuto sociale sano finirà per prevalere».
In un dibattito ha condiviso una frase del suo predecessore Giovanni Salvi: «La legge è uguale per tutti, anche per i potenti, anche a Catania». Quanto è importante questo messaggio?
«È fondamentale. Non vi sono “intoccabili”, la legge è uguale per tutti. Questo è uno dei principi cardine del sistema giudiziario e la sua violazione non solo inciderebbe sull'efficacia del contrasto alla mafia per le ragioni già dette, ma minerebbe anche la credibilità dell’istituzione giudiziaria e la fiducia dei cittadini, la cui attività di denuncia dell’illegalità costituisce un elemento irrinunciabile».
E' dire che il sottoscritto alcuni anni fa aveva descritto le medesime circostanze ora sopra riportate dal Procuratore; si vede che dopotutto... non ero quindi così lontano dalla realtà!!!
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