Già... dopo anni di oppressione, violazioni e guerra civile, il crollo di un sistema autoritario potrebbe apparire come una vittoria per chi ha lottato per la libertà, tuttavia, ciò che accade dopo la caduta di un regime è spesso altrettanto importante di quanto accaduto prima.
La storia ci insegna che il vuoto lasciato da un dittatore non sempre viene riempito da un sistema migliore.
L'Afghanistan, la Libia e l'Iraq ci offrono tristi esempi di come la caduta di un regime oppressivo possa essere seguita da anni di caos, violenza e nuove forme di oppressione.
Sì... perché quando al potere emergono figure o movimenti che promettono stabilità a scapito della libertà, i sogni di democrazia e giustizia rischiano di svanire rapidamente.
Ecco perchè la situazione in Siria è ora particolarmente delicata, poichè con il crollo del regime di Assad, il Paese è frammentato e conteso da una miriade di attori: fazioni estremiste, comunità locali, minoranze etniche e potenze regionali e globali che perseguono i propri interessi.
Tra questi spicca proprio Ha’yat Tahrir al-Sham, che, sebbene cerchi di mostrarsi moderata e di proporsi come forza di governo, porta con sé un passato e una visione politica che difficilmente si conciliano con i principi di pluralismo, diritti umani e inclusività.
Ciò che difatti preoccupa maggiormente è il destino delle minoranze e dei gruppi più vulnerabili.
Sono molte infatti le comunità – dagli armeni ai cristiani, dai curdi ad altre minoranze religiose – che stanno per lasciare il Paese per timore di persecuzioni.
Questo esodo riflette in modo chiaro la profonda sfiducia in queste nuove leadership, ma soprattutto impoverisce ulteriormente il tessuto sociale rendendo più difficile immaginare un futuro di pace e convivenza.
Le lezioni del passato ci mostrano che un cambiamento di leadership non può limitarsi a un semplice ricambio al vertice...
La Siria ha bisogno di un processo di transizione che tenga conto delle aspirazioni di tutti i suoi cittadini, inclusi coloro che hanno sofferto sotto il regime di Assad e coloro che temono le nuove fazioni al potere. La comunità internazionale deve assumersi la responsabilità di evitare che questo momento storico si trasformi in un nuovo incubo per il popolo siriano.
Stabilità e sicurezza non devono essere imposte a costo della libertà. Il rischio è quello di assistere alla nascita di un nuovo regime autoritario, che potrebbe essere persino più brutale e repressivo di quello appena caduto. La Siria non può permettersi di ripetere questo ciclo di oppressione.
È fondamentale quindi che si lavori per costruire un futuro in cui la democrazia, il rispetto dei diritti umani e la convivenza pacifica diventino realtà tangibili e non semplici slogan.
Certo, la strada è lunga e piena di ostacoli, ma non possiamo abbandonare il popolo siriano proprio ora, quando il loro destino è più incerto che mai.
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