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sabato 15 novembre 2025

Difendersi non è mai un eccesso!

Ieri sera leggevo una notizia e non ho potuto fare a meno di pensare a quanto sia fragile il confine tra casa e pericolo.

Un uomo di 68 anni, in casa propria, si è trovato faccia a faccia con un ladro travisato, un passamontagna nero al posto del volto, un cacciavite puntato verso di lui nel buio della sua stessa casa.

Ha sparato. Non per uccidere, ma per fermare. E oggi, grazie a una legge che finalmente riconosce l’urgenza di difendere ciò che è proprio, non è lui a dover rispondere di nulla.

È questa la giustizia che attendevamo o è solo il primo passo verso un diritto che dovrebbe essere scontato? Già... il diritto di non essere costretti a scegliere tra la vita e la paura.

La premier Meloni lo ha detto senza esitare: «La difesa è sempre legittima». Parole che non sono solo un commento, ma un principio. E Salvini, subito dopo, ha ricordato come questa norma nasca da anni di battaglie per tutelare «i cittadini perbene», quelli che non chiedono favori, ma il semplice diritto di non essere aggrediti nella propria casa.

Eppure, nonostante le dichiarazioni, resto colpito da come certi fatti parlino da soli: la Procura di Rovigo, dopo aver ricostruito l’accaduto, ha deciso di non iscrivere neppure un verbale contro il 68enne. Perché? Perché aveva sparato con un’arma regolarmente denunciata, mirando a parti non vitali, mentre l’intruso, armato di cacciavite e con un complice probabilmente in agguato, avanzava verso di lui nel buio.

Leggendo quanto accaduto mi sono tornati in mente tutti quei dibattiti infinito sui social, dove qualcuno urla che «non si può sparare per un furto», come se la vita valesse meno di un televisore. Ma chi non è mai stato svegliato dal rumore di una finestra che si rompe, chi non ha mai sentito il cuore battere a mille mentre cerca di capire se è solo il vento o qualcuno che sta entrando, non può giudicare. 

La legge, oggi, finalmente lo riconosce: non esiste un manuale per la paura. Non esiste una scala di valori che dica «puoi difenderti solo se rubano X, ma non se minacciano Y». Se c’è pericolo, se c’è aggressione, se non c’è via di fuga, allora ogni mezzo è lecito. Non per vendetta, non per crudeltà, ma per sopravvivere!

La nota della Procuratrice Fasolato è chiara: l’uomo aveva già urlato di essere armato, aveva chiesto all’intruso di andarsene, aveva fatto scattare l’allarme. Eppure, il ladro non si è fermato. Anzi, ha continuato ad avanzare, con un’arma in mano. In quel momento, non c’è tempo per calcolare proporzioni, per chiedere aiuto, per sperare che basti una voce alta. C’è solo l’istinto di proteggere ciò che è tuo, di non lasciare che qualcuno trasformi la tua casa in una trappola. Ed è proprio lì, in quel secondo sospeso tra la vita e la morte, che la legge deve stare dalla parte di chi difende, non di chi attacca.

Qualcuno obietterà che «la violenza non risolve nulla». Ma chi dice così non ha mai avuto un cacciavite puntato alla gola. La violenza è già nell’aggressione, non nella reazione. La violenza è nel silenzio delle istituzioni che per anni hanno lasciato i cittadini in balia di chi non rispetta nessuna regola. Oggi, invece, per la prima volta, c’è una norma che non lascia spazio a dubbi: l’articolo 52 del codice penale non parla di «forse», di «a volte», di «se le circostanze lo permettono». Dice semplicemente che non è punibile chi agisce per difendere sé stesso o i suoi cari, quando il pericolo è reale e immediato.

E allora mi chiedo: perché ci è voluto così tanto tempo per arrivare a questo? Perché per anni abbiamo sentito parlare di «eccesso di legittima difesa» come se difendersi da un’aggressione fosse già di per sé un reato? Forse perché certi politici hanno sempre preferito parlare di sicurezza a parole, senza mai voler affrontare la verità scomoda: che la paura non è una questione di destra o sinistra, ma di essere umano. E la paura, quando diventa concreta, non aspetta il tempo di una legge.

Oggi, però, qualcosa sta cambiando. Non è solo un caso isolato: è un segnale. Un segnale che dice ai ladri, agli aggressori, a chi crede di poter entrare in casa altrui come in un gioco, che non saranno più accolti con la complicità del silenzio. E dice a ogni cittadino: non sei solo. Non devi nasconderti, non devi scusarti per aver difeso ciò che è tuo. Perché la casa non è solo un muro, una porta o una finestra, è il confine ultimo della tua dignità e nessuno, mai, potrà pensare o ancor più pretendere che tu lo lasci violarla, senza aspettarsi che non reagisca.

Sì... la legge non è perfetta. Non lo sarà mai. Ma oggi, per la prima volta, ha scelto di stare dalla parte giusta. Dalla parte di chi, al buio, ha il coraggio di accendere una luce per difendersi!

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