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mercoledì 30 luglio 2025

Uomini, non dei...

Certo che ha senso, eppure non lo si può negare: leggere la Bibbia sapendo che essa non è altro che un libro, un’opera umana, scritta da uomini per uomini, non toglie affatto valore a ciò che racconta, anzi, lo restituisce alla sua vera dimensione. 

Non è una rivelazione divina, non è la parola di Dio trascritta da mani tremanti di profeti, ma è qualcosa di molto più terreno, e forse proprio per questo più vicino a noi. 

Quella domanda, però, continua a tornare, a tormentare chi cresce con quel libro tra le mani, convinto per anni che ogni parola fosse sacra, immutabile, venuta dall’alto.

E invece no. È solo un libro, scritto da uomini che vivevano in un tempo preciso, con paure, speranze, ambizioni, e soprattutto con una visione del mondo che oggi ci appare spesso lontana, se non addirittura incomprensibile. Eppure, dentro quelle pagine, si respira ancora qualcosa di vero, qualcosa che parla di noi, dei nostri limiti, delle nostre contraddizioni. .

Non c’è miracolo, non c’è voce divina, e nemmeno una verità assoluta. Ma c’è umanità, tanta, a volte crudele, altre volte tenera, e sempre imperfetta. E forse è proprio questa imperfezione a renderla così potente, così capace di parlare ancora oggi a chiunque, credente o meno. Perché non è il messaggio a essere divino, ma il modo in cui quel messaggio si intreccia con la nostra esistenza, con le nostre domande senza risposta, con i nostri tentativi di dare un senso a tutto questo. .

La Bibbia non è mai stata un manuale di istruzioni per la vita, e nemmeno una guida morale impeccabile. È un riflesso, distorto eppure sincero, di ciò che l’uomo ha sempre cercato: giustizia, amore, redenzione, senso. E lo ha fatto attraverso storie, miti, leggende, parabole. Ha costruito simboli, ha dato forma all’invisibile, ha tentato di rispondere a domande che nessuno sapeva come porre. .

E allora sì, forse ha senso leggerla, non per trovarvi la verità assoluta, ma per ritrovarsi dentro, per riconoscere in quelle storie un po’ di noi stessi. Non è Dio che parla, è l’uomo che cerca Dio, che lo immagina, lo disegna, lo placa o lo teme. È l’uomo che cerca se stesso, attraverso le sue paure, i suoi sogni, le sue colpe. .

Non ho bisogno di quei precetti per vivere, né di quelle regole per capire cosa sia giusto o sbagliato. Lo so già, da solo, ogni giorno, nelle scelte piccole e grandi. Eppure, ogni tanto, mi capita di sfogliare quelle pagine, non per cercare Dio, ma per ritrovare me stesso in quel groviglio di storie, di passioni, di errori. .

E forse è questo il vero valore di quel libro: non convincerci di nulla, ma interrogarci su tutto. Non dirci come vivere, ma ricordarci che la vita va vissuta, con tutte le sue ombre e le sue luci. Non parlare per Dio, ma parlare di noi, sempre, un eterno romanzo umano...

Dio che parla, ma solo per dire quello che vogliamo sentire. Miracoli che sembrano effetti speciali, comandamenti che pieghiamo come cartone, e un paradiso fatto su misura per giustificare i nostri porci comodi...

Già... ci si inginocchia davanti allo specchio e si chiama tutto ‘divino’. Geniale, no? L’unico libro dove l’autore è Dio, ma i protagonisti siamo sempre e solo noi; e sì... vaffanculo al dubbio!


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