Difatti, abbiamo potuto verificare come le mafie in quel periodo abbiano approfittato del caos economico e normativo per riciclare capitali illeciti attraverso reti internazionali di società di copertura.
Paesi con legislazioni finanziarie permissive o scarsa trasparenza fiscale sono stati cruciali per ripulire i proventi di traffici di droga, armi, rifiuti e sfruttamento umano.
Questi capitali sono poi rientrati nei mercati europei ed in particolare nel nostro Paese attraverso investimenti in settori strategici: ristorazione, turismo, logistica e sanità.
La pandemia quindi ha di fatto accelerato la penetrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico legale, spesso approfittando di imprese in difficoltà o di bandi pubblici emergenziali poco controllati.
Inoltre, la crisi di liquidità ha condotto molti imprenditori, commercianti ed anche famiglie a finire nelle mani degli usurai ed il debito contratto durante il "lockdown" non si è fermato con la riapertura: chi non è riuscito a ripagare è stato risucchiato in un circolo vizioso di sfruttamento, con la perdita di attività, proprietà e persino libertà personale.
Ogni soggetto “usurato” è diventato un nodo in una rete di controllo più ampia, utilizzato dalla mafia per acquisire ulteriori risorse o per consolidare il proprio potere sul territorio.
Difatti, basti ricordare come la pandemia non è stata solo una crisi sanitaria, ma si rivelata un acceleratore di disuguaglianze, sfruttata dalle mafie per insinuarsi dove lo Stato era più debole!!!
In alcuni contesti, la criminalità organizzata si è perfino proposta come alternativa allo Stato, offrendo aiuti economici, pacchi alimentari e soluzioni rapide a chi si trovava in difficoltà.
Un vero e proprio “welfare mafioso”, un’arma invisibile per conquistare nell'immediato consenso sociale, ma devastante nel lungo termine.
E difatti, oltre all’usura e al riciclaggio, le mafie hanno potuto così intensificare il controllo su tutta una serie di attivita che vanno dagli:
- Appalti pubblici: con gare d’emergenza spesso prive di adeguata supervisione, le infiltrazioni criminali hanno avuto vita facile.
- Sanità: la gestione di forniture mediche, mascherine e dispositivi di protezione ha attirato gli interessi delle organizzazioni criminali.
- Immobili e attività commerciali: sfruttando la crisi, i clan hanno acquisito proprietà e aziende, consolidando il loro patrimonio.
Ed allora viene spontaneo chiedersi, cosa ha fatto nel frattempo lo Stato per combattere questa pandemia parallela?
Nulla... già, perché la lotta a quella “pandemia mafiosa” richiedeva interventi mirati che non sono stati di fatto realizzati, anzi potrei dire tutt'altro...
Mi riferisco ad esempio al provare a rafforzare i controlli sui flussi finanziari, adottando tecnologie avanzate per tracciare transazioni sospette.
Oppure sostenere ad esempio chi era in difficoltà, con misure economiche rapide ed efficaci che togliessero spazio all’usura.
Inasprire pene per tutti quei crimini economici legati alla pandemia, creando così un forte deterrente.
Investire nella cultura della legalità, per sensibilizzare i cittadini e le imprese sul pericolo di accettare aiuti da quei soggetti "mafiosi".
La pandemia ci ha insegnato che la criminalità organizzata non aspetta, anzi viceversa si adatta ed evolve sfruttando ogni fragilità per rafforzarsi e sopraffare il sistema sociale e di mercato.
Ecco perché lo Stato avrebbe dovuto prevenire situazioni di emergenza come quelle ahimè vissute, affinchè non si trasformassero in opportunità di crescita per la criminalità organizzata e, di conseguenza, per tutte le mafie.
Sì... perché alla fine, come sempre avviene, siamo solo noi cittadini a pagarne le conseguenze!
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