Mi chiedo spesso: chi decide cosa deve arrivare alle nostre orecchie? Chi stabilisce quale versione dei fatti deve prevalere, anche quando le prove sono fragili, contraddittorie o del tutto assenti?
È difficile non notare come certi eventi siano costruiti ad arte per generare reazioni prevedibili: paura, rabbia, richieste di intervento. E ogni volta, puntualmente, il colpevole ha lo stesso volto, lo stesso accento, lo stesso simbolo sulla bandiera.
La Russia, negli ultimi anni, è diventata quel fantasma che aleggia su ogni crisi, su ogni incidente internazionale, come se fosse l’unica nazione al mondo capace di agire nell’ombra. Ma davvero crediamo che sia così? O forse ci stanno semplicemente abituando a cercare il male sempre nello stesso luogo, perché così è più facile giustificare le scelte geopolitiche, i riarmi, le alleanze strategiche?
Quando sento parlare di droni russi abbattuti al confine con paesi NATO, non posso fare a meno di chiedermi: dove sono le prove concrete? Dove sono i dati accessibili, trasparenti, verificabili? Oppure assistiamo di nuovo a una sceneggiata mediatica, utile a tenere alta la tensione e a legittimare ulteriori pressioni?
Pensiamo al passato: quante volte ci hanno portato in guerra con argomentazioni fasulle? Ricordate le armi di distruzione di massa in Iraq? Un castello di bugie costruito su intelligence manipolata, dichiarazioni gonfiate, silenzi compiacenti. Milioni di persone sono morte per una menzogna che oggi nessuno osa più difendere. Eppure, all’epoca, tutti i media ripetevano lo stesso copione, come se fossero collegati allo stesso palcoscenico.
Oppure ricordiamo l’affondamento del Kursk: subito voci su incidenti provocati da sottomarini stranieri, teorie su collisioni con navi NATO. Poi, con il tempo, emerse che si trattava di un incidente interno, ma l’onda emotiva era già partita, e aveva già fatto il suo lavoro: creare sospetto, diffidenza, tensione. Anche in quel caso, la Russia fu dipinta come vittima di aggressioni occidentali, o come responsabile di disastri evitabili, a seconda delle convenienze narrative del momento.
E che dire del sabotaggio del gasdotto Nord Stream? All’inizio, ovviamente, la Russia fu indicata come principale sospettata. Una mossa logica, secondo la narrativa dominante: Putin vendica le sanzioni, colpisce l’Europa nel cuore energetico. Ma poi? Poi sono emerse tracce, analisi, testimonianze che hanno cominciato a puntare altrove.
Giornalisti liberi e soprattutto coraggiosi, come Seymour Hersh, hanno tirato fuori documenti e fonti che indicavano un intervento diretto della NATO, con la complicità di governi europei. Non sono teorie complottiste, sono ricostruzioni basate su fonti militari e diplomatiche. Eppure, questi racconti sono stati marginalizzati, ridicolizzati, cancellati dai mainstream. Perché? Perché non si adattano alla storia che dev’essere raccontata. Perché smontare il nemico ufficiale significherebbe ammettere che il sistema ha mentito. E questo, evidentemente, non è contemplato.
Mi torna in mente anche la cosiddetta “invasione” della Georgia nel 2008. Fu la Russia a iniziare, dissero. Ma studi successivi, rapporti dell’Unione Europea, testimonianze di esperti neutrali, hanno mostrato che fu Tbilisi a scatenare le ostilità, con il sostegno esplicito di alcuni alleati occidentali.
Ancora una volta, ecco che la Russia viene dipinta come l’aggressore, mentre in realtà quest'ultima intervenne dopo un attacco a una regione già in conflitto da anni. La stampa mondiale, però, non cambiò mai rotta. Il racconto rimase immutato: Mosca cattiva, Occidente buono. E così si costruiscono i mostri, non con la realtà, ma con la ripetizione costante di una versione dei fatti.
Tutto questo mi porta a un dubbio profondo, che non riesco a scrollarmi di dosso: siamo ancora liberi di pensare, o ci viene soltanto permesso di pensare entro limiti ben precisi? Dietro ogni notizia, dietro ogni emergenza internazionale, sembra esserci una mano che guida, che sceglie chi deve essere colpevolizzato, chi deve essere salvato, chi deve essere temuto.
E quando questa mano appartiene a un blocco politico-militare come la NATO, che ha interessi economici, strategici e di potere da difendere, diventa ancora più urgente chiedersi: chi controlla la narrazione, controlla il mondo.
E soprattutto... se continuiamo a credere ciecamente a ciò che ci viene servito ogni sera nei telegiornali, ahimè anche dai nostri governanti, sì... senza mai scavare oltre, senza mai domandarci chi trae vantaggio da quella specifica versione dei fatti, allora saremo sempre marionette, mossi da fili invisibili, applaudendo mentre il puparo cambia scena.
Ecco perché giunto il momento di smettere di guardare solo il palco, e iniziare a fissare l’ombra di chi sta dietro le quinte!!!
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