La trasmissione realizzata e condotta da Vittorio Sgarbi è stata un flop. Gli ascolti? Non hanno superato l’8,3% di share, circa due milioni di spettatori – meno della metà di quanto Rai1 registra normalmente in prima serata.
Ora, non voglio soffermarmi troppo sulle percentuali, anche perché siamo abituati a vedere risultati assurdi per programmi demenziali tipo Grande Fratello o L’Isola dei Famosi.
Ma c’è qualcosa che va oltre i numeri: c’è un atteggiamento, una pretesa arrogante di certi personaggi – spesso raccomandati – di poter usare la televisione pubblica come palcoscenico personale.
Come se la Rai fosse una loro proprietà, un teatro privato dove potersi pavoneggiare da "prime donne", esibire un sapere autoreferenziale e far credere che solo pochi eletti abbiano accesso alla verità. Ma la realtà è un’altra: quel programma è morto, eppure lui no. È come un cieco che continua a illudersi di vederci ancora.
Questo è un momento di profonda trasformazione, di risveglio collettivo. I cittadini sono stanchi di questi stereotipi, di essere continuamente giudicati, consigliati, educati da chi sta in alto e crede di doverci dire cosa pensare, cosa guardare, come vivere. Di tuttologi e opinionisti stipendiati ce ne siamo rotti le scatole. Forse è arrivato il momento di lasciarli stare a casa loro, a fare i loro programmi culturali per parenti stretti e amici del cuore.
E poi, quel finale... quel brindisi augurale nella casa del Premier Silvio Berlusconi. Sul serio? Brindare insieme a chi ormai porta quasi sfiga? Magari era meglio non fare l’augurio… Ma soprattutto: perché non occuparsi dei problemi veri del Paese, invece di perdere tempo con queste cazzate?
Gli italiani di personaggi come Sgarbi, di politici sempre pronti a farsi bello schermo, di giornalisti pagati per tacere, di una televisione piegata ai poteri forti… ne hanno abbastanza. Ne vogliono stare lontani. Perché questa non è informazione, né cultura: è propaganda camuffata da dibattito, gossip travestito da approfondimento.
Mi chiedo allora: chi pagherà per questo contratto? Il Sig. Sgarbi sostiene: "Sono io l’autore, sono io il responsabile" , e aggiunge che l’unica prestazione che lo ha lasciato insoddisfatto è stata… la sua. Beh, se davvero ci crede, magari potrebbe rinunciare al compenso pattuito. Dopotutto, se non sei contento del lavoro che hai fatto, forse non meriti di essere pagato per intero. Io gli concederei solo la prima puntata. Vedremo se il vile denaro non lo tradirà.
Perché il servizio pubblico, quello vero, deve tornare a essere tale. Deve ospitare giornalisti liberi, indipendenti, bipartisan, non raccomandati dell’ultimo minuto messi lì tanto per riempire uno schermo. Deve tornare a fare dibattito, inchiesta, approfondimento. Provare a imitare Annozero , Ballarò , Report – programmi nati dalla voglia di raccontare il reale – è già difficile. Farne delle copie sbilenche, fatte solo per attaccare o scandalizzare, è semplicemente indegno.
Certuni sembrano nati per fare ciò che a Catania chiamiamo “u curtighiu” : quel pettegolezzo continuo, quel taglio e cucito di fatti, persone ed eventi, che nasce nei cortili, tra panni stesi e caffè appena fatto. Quel luogo dove si sparla, si commenta, si giudica senza conoscere. Oggi, purtroppo, quelle dinamiche sono finite in TV. E noi, di questo gossip mascherato da cultura, siamo stanchi.
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