Avete ricevuto una cartella di pagamento ed ora, prima di pagare, vorresti sapere se c’è qualche errore, oppure qualche motivo per potersi opporre...
Non è la prima volta che quelle cartelle dimostrino d'avere qualche difetto di forma o errori di procedura, spesso commessi dall'Agente di riscossione...
Il semplice fatto, peraltro, che la competenza per l’esazione dei tributi sia passata dal primo luglio 2017, da Equitalia ad Agenzia Entrate Riscossione, non ha modificato le possibili difese che il contribuente aveva...
In parole povere significa che i vecchi motivi di impugnazione contro le richieste di pagamento, possono essere oggi riutilizzati e quindi vi starete chiedendo quali metodologie è possibile adottare...
I motivi di opposizione, a differenza di quanto si potrebbe pensare sono molteplici e quindi in questa prima parte ne affronteremo solo alcuni,
Prima quindi di passare a valutare quali sono i singoli motivi da utilizzare per contestare una cartella di pagamento, dobbiamo precisare una questione che il più delle volte viene ignorata.
Quando arriva la cartella esattoriale il contribuente è già stato allertato della morosità che lo interessa (
e se non lo è stato, si tratta di un motivo di impugnazione, come vedremo a breve).
Quanto sopra significa che ha già ricevuto un atto con l’intimazione di pagamento da parte dell’ente titolare del credito (Agenzia Entrate, Inps, Comune, Regione, ecc.).
Dunque, egli non può, con l’opposizione alla cartella, rimettere in discussione i vizi del precedente atto come, ad esempio, l’esistenza del debito, la sua entità, la legittimazione passiva a pagare (il fatto cioè che l’atto dovesse essere indirizzato a un’altra persona).
Il contribuente può solo contestare tutti gli errori commessi dall'amministrazione dopo l’invio del primo avviso di pagamento, errori che di solito riguardano il rispetto dei tempi (decadenza e prescrizione), la stampa della cartella esattoriale o la sua notifica.
Del resto, se così non fosse, vorrebbe dire che la notifica della cartella riaprirebbe i termini per impugnare l’atto di accertamento, impugnazione che, invece, ha dei tempi categorici e prefissati dalla legge.
La seconda cosa importante da sapere è che con Agenzia Entrate Riscossione non sono possibili accordi a saldo e stralcio o altre intese che non siano già disciplinate dalla legge e valide per tutti.
Diversamente si avvallerebbero trattamenti di favore di un contribuente rispetto ad altri a seconda della maggiore o minore accondiscendenza del singolo ufficio o funzionario.
Dunque, se hai ricevuto un avviso di pagamento non credere che, andando allo sportello o parlando con il dirigente, potrai trovare un’intesa.
Tutto ciò che ti è consentito fare è: fare ricorso al giudice; chiedere la sospensione automatica (vedremo che, per questa, ci sono termini e condizioni per poter procedere); presentare un’istanza per l’annullamento della cartella in autotutela; chiedere una rateazione (in tal modo pagherai a rate, con un piano di dilazione che, di norma, è a 72 rate e che non richiede di dover dimostrare la propria incapacità economica); oppure... infine, pagare!!!
Quando parliamo di eccezioni contro la cartella di pagamento intendiamo dire tutte le possibili contestazioni che, nell'atto di ricorso, vengono sollevate davanti al giudice affinché questi annulli l’atto dell’esattore.
Uno stesso ricorso può contenere svariate eccezioni in modo che, se una di queste dovesse essere rigettata dal tribunale, ci sarebbero ugualmente le altre su cui confidare.
Di solito, più eccezioni si hanno “nel proprio arco”, più possibilità ci sono per difendersi da Agenzia Entrate Riscossione...
A differenza a quanto spesso si crede, il ricorso non sospende l’esecuzione forzata; questo vuol dire che, se la causa dura a lungo, l'Agenzia di riscossione può, nel frattempo, procedere ugualmente al pignoramento.
Anzi, per quanto riguarda gli avvisi di accertamento notificati per imposte dirette, Irap ed Iva è previsto l’obbligo di versare un terzo delle sole imposte pretese, oltre interessi, in pendenza del primo grado di giudizio.
Proviamo quindi a sospendere la cartella di pagamento...
In verità, la prima cosa a cui si pensa nel momento in cui si riceve una cartella di pagamento, è tentare di “bloccarla” ossia di sospendere la sua efficacia e, quindi, la possibilità che ha l’esattore di effettuare un pignoramento nel frattempo in cui si ricercano i soldi o magari si ragiona se fare opposizione o meno.
Se la cartella viene sospesa, infatti, Agenzia Entrate Riscossione non può eseguire né pignoramenti, né fermi auto, né ipoteche.
Insomma, l’esecuzione forzata esattoriale viene bloccata in attesa di una decisione definitiva sulla legittimità della cartella stessa.
Per sospendere una cartella di pagamento, l’avvocato tradizionale ti dirà che c’è bisogno di un ricorso al giudice e che sarà quest’ultimo, alla prima udienza, a decidere se bloccare o meno l’efficacia esecutiva della cartella.
Ciò è corretto, ma non è l’unico rimedio... ne esiste un altro, sicuramente più efficace, veloce e soprattutto economico, ed è quello concesso dalla legge di stabilità del 2013 e s.m.i..
Tale possibilità, che va comunemente sotto il nome di "istanza cartelle pazze", consente di bloccare ogni mossa di Agenzia Entrate Riscossione su segnalazione, da parte del contribuente, di una presunta irregolarità della cartella di pagamento.
In questo frangente, l’esattore è tenuto a verificare la regolarità della pretesa di pagamento consultandosi con l’ente creditore; e se, entro 220 giorni, il contribuente non riceve risposta, la cartella si considera annullata definitivamente.
Insomma, al contribuente basta chiedere la sospensione della cartella presentando, allo sportello di Agenzia Entrate Riscossione o, in via telematica, tramite il suo sito, una semplice istanza con il cosiddetto modello "SL1".
A questo punto tutto si blocca: l’esattore non può fare pignoramenti, non può iscrivere ipoteche, non può bloccare l’auto, in attesa di decidere sull'istanza.
Il silenzio per oltre 220 giorni si considera accoglimento della contestazione e quindi la cartella non va più pagata.
Il tutto ovviamente... senza spendere un euro e senza bisogno di rivolgersi ai propri legali (penso che qualcuno di essi, in questo momento, mi vorrebbe uccidere... ah, sì... deve comunque mettersi in fila...)!!!
L’unico handicap di questa procedura è che deve essere attivata entro 60 giorni dalla notifica della cartella; funziona solo per determinate (
e poche) contestazioni e non per tutte.
In particolare i casi in cui è possibile presentare l’istanza di sospensione automatica contro la cartella di pagamento sono i seguenti: prescrizione o decadenza del diritto alla riscossione verificata prima della notifica della cartella stessa; avvenuto pagamento del debito prima della notifica della cartella; precedente sgravio del tributo o della sanzione emesso dall'ente titolare del credito; annullamento o sospensione da parte del giudice o di un’autorità amministrativa, della richiesta di pagamento poi reiterata nella cartella.
Ecco, quanto sopra rappresenta una prima procedura per opporsi a quelle richieste di pagamento... nei prossimi post, esamineremo ulteriori possibilità con i quali ci si potrà opporre a quelle cartelle esattoriali...
Ovviamente ci tengo a precisare che quanto sopra riportato, ha il semplice scopo di evidenziare alcune modalità per difendersi da eventuali procedure inesatte commesse da quegli enti di riscossione e non certamente, per creare falsi presupposti per rifiutarsi di pagare, quanto realmente dovuto!!!
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