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L’altra sera ho assistito alla trasmissione di Massimo Giletti, Non è l’Arena, che ha registrato un picco di ascolti alle 23.21, diventando il programma più seguito della serata e facendo volare l’audience di La7. Avrei voluto scrivere subito delle emozioni trasmesse, del racconto e dello scontro con il giornalista Mughini, ma ciò che è accaduto ieri sera rappresenta perfettamente quanto avevo già evidenziato in questo blog quattro anni fa.
Per questo, vorrei riproporre quel post, per far riflettere su come non sempre "gli uomini siano uguali davanti alla legge". Il concetto di "due pesi e due misure" è l’esempio perfetto di come la nostra giustizia valuti in modo diverso persone e situazioni che, invece, meriterebbero lo stesso trattamento e lo stesso metro di giudizio.
Purtroppo, questo non è quanto avvenuto nel caso di Fabrizio Corona. I reati contestati (la maggior parte dei quali legittimi e per i quali ha scontato la pena) sono stati, a mio avviso, giudicati con eccessiva severità, soprattutto se paragonati a crimini ben più gravi commessi da altri: omicidi, sequestri, associazioni mafiose, corruzione e altro ancora. Ogni giorno assistiamo a criminali, assassini e persino politici che godono di benefici come arresti domiciliari o libertà vigilata, per poi scoprire che, una volta liberi, continuano a commettere reati con le stesse modalità per cui erano stati condannati.
Nel caso di Corona, si è parlato di una presunta "pericolosità sociale", ma mi chiedo: di quale pericolosità stiamo parlando? Non è certo un capo mafia, né un narcotrafficante con legami ai cartelli colombiani. L’ultima sentenza ha persino escluso le frequentazioni criminali a lui attribuite. Allora, perché tanta severità? Forse perché ha osato sfidare personaggi "intoccabili"?
Negli anni, abbiamo visto calciatori, politici, banchieri e imprenditori coinvolti in scandali legati alla mafia o in vicende come i "bunga bunga", festini con escort, cocaina e pagamenti in nero. Eppure, nonostante le prove, molte di queste storie sono state insabbiate o dimenticate in fretta. Perché? Perché i protagonisti erano troppo potenti per essere toccati.
Mi è sempre sembrato che alcune condanne a carico di Corona (molte delle quali giuste, lo ammetto) siano state influenzate dal fatto che abbia preso di mira personaggi che preferivano rimanere nell’ombra. Chissà, forse quelle foto e quei video non avrebbero mai dovuto vedere la luce. Chiunque altro, al suo posto, avrebbe usato quel materiale per ottenere favori personali. Lui, invece, è stato accusato di estorsione, ma non si è considerato che avrebbe potuto vendere quelle prove ai media, che sono sempre alla ricerca di scandali. Peccato che in Italia i media siano controllati da pochi editori, spesso pronti a proteggere i loro amici.
Ora, per Corona, è un momento di riflessione. Deve guardare avanti, consapevole che fuori c’è ancora tanto da fare. È il momento di distinguere chi gli è stato vicino da chi si è dimostrato falso. Deve trovare conforto nelle persone che gli hanno voluto bene: la famiglia, gli amici, chi non lo ha abbandonato.
C’è un tempo per ogni cosa, e forse per lui è arrivato il momento di deporre le armi. L’amore e l’odio sono i due estremi che segnano l’esistenza di un uomo, e spesso è proprio attraverso le avversità che si raggiunge una pace interiore. Concludo con una frase di William Shakespeare, che ben si adatta a quanto accaduto ieri sera e a quanto vissuto in quest’ultimo anno: "La legge non può rendere giustizia... quando colui che detiene il potere tiene in mano anche la legge."
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