Si parla di nuove prove scientifiche, di "anomalie investigative", di richieste per annullare l’archiviazione e riesaminare altri indagati. Tutto questo, ovviamente, contrastato dai legali delle due parti che, da un lato, invocano "l'oggettività dei fatti" e dall'altro mettono in guardia da "narrazioni diffamatorie" verso chi firmò quella sentenza.
Eppure, nonostante i 16 anni inflitti ad Alberto Stasi, eccoci ancora qui a discutere di tracce biologiche riesaminate dal RIS. Secondo le nuove indagini, qualcosa non ha funzionato. Prendiamo il materiale del 2007: la traccia n. 10 (quella del "complice" mai approfondita), l’impronta n. 33 (sangue o non sangue?), o la scandalosa negligenza del carabiniere senza guanti - un dettaglio da fiction poliziesca - ma tragicamente reale.
Caz... basti osservare qualsivoglia serie crime televisiva per vedere che non bisogna mai entrare nella scena del crimine, ma solo adoperarsi a limitare l'ingresso, sì… a chiunque, fintanto non giunga la Polizia Scientifica e poi, tutti sanno, anche i bambini, che - seppur sbagliato - nel caso in cui si decida arbitrariamente di inquinare la scena, quantomeno, ci si deve adoperare con guanti alle mani e se possibile, sacchi in PVC alle scarpe!
Basterebbe osservare un episodio di CSI per capire che non si tocca una scena del crimine, men che meno senza protezioni. E invece, nella villetta di Garlasco, qualcuno ha lasciato impronte nitide (le n. 37, 44, 46) proprio sulla scala.
Riprendendo le altre impronte presenti: ma voi pensate davvero che un assassino sarebbe così stupido da marcare il muro a mani nude? O forse - e qui la mia mente da "profiler" autoproclamato (grazie alle mie figlie, Emanuela e Alessia...) s’incupisce; sì... ritengo alquanto ambigua la circostanza che un assassino lasci un'impronta così evidente, in maniera palesemente chiara sulla parete di quell'unica scala; mi sembra qualcosa d'illogico o meglio ancora, quanto accaduto dimostra che l’omicidio è da considerarsi non premeditato, e che forse l'esito letale ha superato l'intenzione.
Ma al di là delle condanne, c’è un nodo che mi tormenta: il movente!
Perché uccidere Chiara Poggi? Cosa aveva scoperto? Se in quella casa non vi sono impronte di estranei, allora l’assassino era qualcuno che la frequentava? Gli investigatori hanno verificato chi, nel mese prima, era sceso da quella scala? Hanno confrontato il DNA di tutti i possibili frequentatori con le tracce rinvenute? Se il numero degli "autorizzati" era esiguo, allora forse la verità è più vicina di quanto sembri...
Non so cosa, ma qualcosa non torna. E mentre i media ripropongono la solita narrazione, io continuo a chiedermi: e se avessero guardato nella direzione sbagliata fin dall’inizio?
Il sottoscritto difatti un’idea se l’è fatta ( e potrei anche - perdonate la presunzione - aver indovinato il movente...), ma purtroppo – per ragioni che, in questo paese, finiscono troppo spesso in tribunale – preferisco tenermela per me.
Dopotutto, quando la verità fa più paura della finzione, persino un’ipotesi diventa… un capo d’accusa.
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