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sabato 2 agosto 2025

Mafia e antimafia, tra riforme e passi indietro! - Parte seconda.

E allora, continuando con quanto riportato ieri, entro nel merito per esperienza diretta di ciò che accade a un cittadino che decide di compiere il proprio dovere, senza che quest’ultimo abbia alcuna necessità morale di prendere a esempio gli insegnamenti di quegli uomini coraggiosi dello Stato, ricordati nel discorso del procuratore Di Matteo, non solo come vittime della mafia, ma per la loro dedizione e professionalità.

Osservare quella foto in cui due di quei magistrati sono ritratti sorridenti insieme, già… quanti di voi l’avranno vista esposta in bella mostra, quasi fosse un altarino, appesa alle pareti di quegli uffici istituzionali, come se la loro semplice presenza bastasse a motivare moralmente chi vi lavora. Già, se solo un’immagine potesse trasmettere quei veri valori, quel senso di servizio e devozione per l’incarico ricoperto. Ma se andiamo a scavare, scopriamo come la maggior parte di quei soggetti abbia ottenuto quel ruolo non per merito, non attraverso un concorso pubblico, ma grazie alla solita raccomandazione politica. E allora, ditemi, cosa possiamo aspettarci da chi si è già compromesso in partenza?

Ecco perché ritengo ormai inutile continuare a organizzare incontri per parlare di mafia, collusioni, corruzione, di un “sistema tentacolare e sedimentato”. Già… invece potrei gentilmente invitare i due procuratori, Ardita e Di Matteo, a una giornata al mare, sì, per fare un bel bagno e parlare del nostro Paese, o meglio, della mia meravigliosa isola, la Sicilia, con la sua cultura, la sua cucina, le sue tradizioni, il mare e la montagna, un paradiso per chi cerca relax e bellezza. Peccato che la realtà sia un’altra: viviamo in una terra marcia, da nord a sud, dove la maggior parte dei miei connazionali si è piegata a quel sistema clientelare e tentacolare chiamato politica, e nei casi più gravi si è lasciata foraggiare come pecore dalla criminalità organizzata, con buste e mazzette che arrivavano puntuali ogni mese.

E allora, mi rivolgo a quella parte sana che ancora esiste, esigua ma a cui voglio ancora credere, anche se ancora troppo timida nel compiere il proprio dovere e denunciare ciò che avviene illegalmente intorno a sé. Domani descriverò cosa succede quando qualcuno prova a fare la cosa giusta, sia come cittadino che come professionista.

Ma permettetemi di chiudere con un messaggio che ho ricevuto su WhatsApp dalla mia amica Romj, che ho menzionato nel post di ieri: “Nicola, ti ringrazio per avermi avvisato dell’intervista ai due procuratori. Come sempre, belle parole, ma nessuna risposta per chi, come me o te, si è esposto in prima linea. Oggi, senza entrare nei dettagli, nonostante tre condanne contro un professionista grazie alle nostre denunce, il sistema giudiziario continua a proteggerlo, lasciando in ostaggio lo Stato, l’amministratore giudiziario e 800 famiglie. In questi anni ho subito aggressioni, minacce, danni alla mia casa, costruita con sacrifici. La mia vita è trascorsa tra tribunali e uffici, sono testimone per due Procure, eppure nessuno mi ascolta. Alcuni magistrati sono scappati davanti alle mie richieste. Le associazioni antimafia tacciono, e la stampa d’inchiesta, quella che fa gli eroi quando conviene, ha avuto paura della complessità del caso e delle persone coinvolte. Nicola, nel mio cuore credo ancora nella giustizia, ma il problema è che non c’è nessuno che ascolta…”

Ecco perché scrivo. Perché quando le istituzioni tacciono, quando i magistrati voltano le spalle, quando la stampa ha paura, resta solo la voce di chi, come Romj, continua a lottare nonostante tutto. E questa voce non può rimanere inascoltata.

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