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giovedì 29 maggio 2014

Fabrizio Corona: non tutti gli uomini sono uguali dinnanzi alla legge.

L’espressione "due pesi, due misure" è l’esempio perfetto di come la nostra giustizia applichi criteri di condanna del tutto incoerenti. 

Persone e situazioni che meriterebbero lo stesso metro di giudizio vengono valutate in modo arbitrario, con disparità che lasciano sconcertati.

È il caso di Fabrizio Corona, la cui condanna – seppur legittima nei reati contestati – appare sproporzionata rispetto a pene inflitte per crimini ben più gravi: omicidi, sequestri, associazioni a delinquere. 

Ancora una volta, l’ingiustizia non è uguale per tutti.

Ogni giorno assistiamo al paradosso di criminali e assassini che beneficiano di pene ridotte, arresti domiciliari o libertà vigilata con braccialetti elettronici. E troppo spesso accade che, una volta fuori, tornino a delinquere con la stessa spietatezza di prima.

Nel caso di Corona, si è parlato di un aumento della pena per "pericolosità sociale". Ma davvero possiamo paragonarlo a un boss mafioso, un narcotrafficante internazionale o un esponente della criminalità organizzata? Possibile che sia considerato più pericoloso di chi gestisce enormi traffici di droga tra Colombia, Thailandia e Italia?

A quanto pare, la sua colpa più grande sarebbe quella di aver frequentato ambienti criminali e di aver dimostrato un atteggiamento ribelle, insofferente alle regole. Ma allora, cosa dovremmo dire di tanti calciatori, politici, banchieri e ministri che, tra scandali e condanne, hanno intrattenuto rapporti ben più pericolosi?

E che dire di quelle serate a base di cocaina, escort e transessuali? Di quei pagamenti in nero, spesso provenienti da attività illecite? Quando emergono certi nomi, le notizie vengono insabbiate in fretta, perché coinvolgono i veri intoccabili del sistema.

Viene da chiedersi: la condanna di Fabrizio Corona è stata un monito per tutti o un avvertimento per lui? Forse ha toccato nervi scoperti, forse ha tentato di svelare segreti scomodi. Quelle foto e quei video, legittimamente acquistati, non dovevano finire sotto gli occhi di tutti. Non dovevano neanche esistere. 

E se davvero qualcuno ha cercato di estorcere denaro in cambio del silenzio, non sarebbe stato più corretto condannare in modo equo chi ha fatto lo stesso – o di peggio?

Ora, dopo anni di carcere e dopo essere quasi caduto nel dimenticatoio, forse potrà ottenere una pena più giusta. Forse potrà ricominciare. Ma ciò che conta davvero è che riesca a vivere questo tempo come una rinascita, selezionando le persone giuste e lasciando indietro chi gli ha voltato le spalle.

C’è un tempo per ogni cosa. Forse ora è il tempo di riporre le armi.

Si dice che amore e odio siano gli estremi dell’esistenza di un uomo e che solo attraverso le avversità si possa trovare la pace interiore. La giustizia dovrebbe essere un principio universale, ma quando chi detiene il potere controlla anche la legge, allora la giustizia smette di esistere!!!

A presto, Fabrizio.

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