E sì... perché la mafia nella nostra isola va divisa in due; da una parte quella occidentale, "orgogliosa e violenta", dall'altra quella orientale o per meglio dire catanese, "strategica e astuta".
Certo, si resta senza parole quando si leggono i nomi di talune società, società che per anni avevano versato il pizzo a cosa nostra, molte delle quali però sono incredibilmente rimaste ancora oggi nel mercato mentre per altre viceversa, sono intervenuti provvedimenti giudiziari di sequestro e confisca seguiti cme sempre accade in questi casi, da naturali procedure fallimentare...
Interessante il passaggio sulla comunicazione del "mafioso" catanese, che affida molto alla mimica del volto. Tutti i mafiosi in genere si comportano con rispetto, perché fa parte del loro modo di agire; solo i criminali di basso livello sono offensivi verso i magistrati.
Certo da un lato mi ha sorpreso la sensibilità (va detto comunque che pur non conoscendo personalmente il procuratore, la sensazione che mi ha da sempre trasmesso - attraverso i suoi libri o guardandolo in Tv - è quella di una persona certamente sensibile...) con cui ricorda l'incontro con il boss Santo Mazzei, durante un processo: "sembriamo anaffettivi noi magistrati quando istruiamo i processi e sosteniamo l’accusa nei dibattimenti o applichiamo le regole del 41bis, perché abbiamo davanti agli occhi la sofferenza delle vittime dei reati; ma poi ci fa effetto rivedere una persona provata da venticinque anni di carcere duro".
Dottore... "a che serve il 41bis? Oramai è passato tanto tempo, neppure se fossi libero potrei fare del male a qualcuno…", gli disse il boss con un’aria apparentemente sopita. "Se uno come lei riuscisse a comunicare, in tre giorni riorganizzerebbe Cosa nostra a livello internazionale…???" ribatto con la stessa flemma.
Certo... un passaggio toccante quello sulla sofferenza che nutre nei confronti di quel "regime speciale", che sa essere necessario anche se al procuratore non piace e difatti se da un lato ribadisce a se stesso ciò in cui crede da sempre e cioè la necessità del 41bis, dall'altro un pensiero nuovo aleggia nella sua mente, dove ha come l’impressione che: nella mafia che cambia, la retorica della belva feroce tenuta stretta in gabbia possa far comodo a qualcuno; già... che qualcosa di nuovo, di perfido e immorale, voglia farsi strada nella società e nelle istituzioni e abbia ancora bisogno di quei "dannati al 41bis" per potersi rilanciare...
Nel frattempo Catania è andata cambiando pelle, storie più o meno tragiche hanno portato all'apertura di immensi Centri commerciali e alla chiusura delle saracinesche di quelle piccole attività economiche, molte delle quali si sono abbassate proprio di recente.
Come vediamo pure i battenti di lussuose attività e ci viene da chiedere chi abbia ancora oggi non solo il coraggio, ma anche i mezzi finanziari e la voglia di investire nella nostra città...
Nel leggere il libro vedo il procuratore come quel "generale", che dopo aver combattuto tutta una vita, ha bisogno anche lui di fermarsi:
Generale la guerra è finita
Il nemico è scappato, è vinto, è battuto
Dietro la collina non c'è più nessuno
Solo aghi di pino e silenzio e funghi
Buoni da mangiare buoni da seccare
Da farci il sugo quando viene Natale
Quando i bambini piangono
E a dormire non ci vogliono andare...
Ed allora, nel consigliare a ciascuno di voi questo libro, in particolare ai miei conterranei "catanesi", mi permetto di concludere con un passaggio del libro che più di tutti mi ha toccato...
E' quando all'inizio l'autore racconta di un incontro casuale con un suo ex vicino di casa, ormai anziano, ma che ricordava perfettamente il periodo di quella sua Catania ed incredibilmente tra le persone da ricordare con nostalgia, trovava posto anche il capo di Cosa nostra: Nitto Santapaola.
E se lo ricordava così: "Era uno simpatico e alla mano… lo conoscevamo tutti… e poi non si dava troppe arie. E io con loro mi trovavo bene. La prossima volta che nasco anziché l’impiegato, me ne vado a fare il croupier nelle isole… come mi aveva proposto a quel tempo un mio amico!!!".
E sì... perché dinanzi alla gioventù, alle emozioni del gioco, alle belle donne, al rimpianto per gli anni verdi oramai trascorsi, poco o nulla poteva accreditarsi e prevalere agli occhi di quel anziano, se non il ricordo (nella testa e nel cuore) da indurre al desiderio di quegli anni, in cui proprio "cosa nostra catanese" aveva rassicurato, imbonito, divertito tanto da aver concimato quella nostalgia, fino a determinare indifferenza per quanto di marcio aveva prodotto...
Sembrerà quanto sto per dire "irreale"... ma quanto sopra rappresenta lo stesso sentimento che ancora oggi evidenzio (nelle parole... ma soprattutto nei fatti) della maggior parte dei miei concittadini ed è ciò che ahimè maggiormente mi preoccupa!!!
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