Da pochi minuti è calato il sipario sul discorso di Umberto Bossi...
Sotto le musiche epiche di Va, pensiero, mentre sul palco circondato da qualche migliaio di “tifosi” (sì, proprio tifosi, come se fossimo a San Siro), si stagliano le celebrità del partito leghista: Calderoli, Castelli, Maroni... e poi quel viso in primo piano (il soprannome di “Trota” gliel’hanno affibbiato anche i suoi) del “delfino” (sembra di essere ai tempi di Mussolini, con questa storia del successore designato).
Tutti rigorosamente in camicia verde, qualcuno persino con la maglietta del Giro della Padania. Un tripudio di folklore patriottardo, come se il Nord fosse una regione ribelle pronta a dichiarare guerra al resto d’Italia.
Ed ecco che arriva il momento clou: l’appello stile stadio per presentare l’“ALFIERO… UMBERTO… UMBERTO… UMBERTO!” Il pubblico impazzisce, urla, applaude. Ti aspetteresti di vedere comparire un eroe epico, un William Wallace pronto a guidare la sua gente verso la libertà. Invece no. Appare Bossi, con quella sua espressione immobile, quasi imbalsamata. Niente grinta, niente coraggio. Solo un uomo che parla come se fosse già dentro un museo delle cere.
E parte il solito refrain: riforma fiscale , magistrati del Nord (ma davvero? Magistrati padani? Ma i magistrati non dovrebbero essere imparziali, Bossi?), ritiro delle missioni di pace o di guerra (partendo dalla Libia, ovviamente). Poi attacca i giornalisti, quelli che nei giorni precedenti avevano osato dire che la Lega era spaccata. “VI ROMPEREMO NOI!” grida, come se fosse ancora il 1994. “Combatteremo fino alla libertà… LIBERTÀ DELLA PADANIA!” Ecco, appunto: contro i “lecchini di Roma”, perché Roma, si sa, è sempre il nemico assoluto. Peccato che loro siano al governo da anni. Mah.
Poi arriva la parte dedicata a Berlusconi. Secondo Bossi, il Cavaliere ha due opzioni: abbassare la pressione fiscale oppure continuare con Tremonti, che invece vuole stringere i cordoni della borsa per evitare il fallimento alla greca. Ma Bossi non si ferma qui. Bisogna terminare le missioni militari, perché portano clandestini che girano per l’Italia. Ah, certo, come se i migranti fossero un’invenzione recente e non una questione che riguarda l’intero pianeta da decenni.
Poi si passa alle promesse classiche: non toccare i Comuni, gli artigiani e le piccole imprese; riscrivere il patto di stabilità premiando i Comuni virtuosi; eliminare Equitalia o quantomeno mettere paletti ai pagamenti fiscali e ai sequestri. “La gente non è schiava,” tuona Bossi. Giusto, caro Senatùr, ma forse sarebbe meglio se tu e tuo figlio cominciaste a dimostrare di essere cittadini modello, pagando regolarmente i contributi all’INPS. Sai, giusto per dare l’esempio.
E gli agricoltori? Tranquilli, dice Bossi, le quote latte erano sbagliate. Anzi, forse chi ha fatto quei conti era un “ripetente leghista.” Ironia della sorte, visto che molti dei vostri rappresentanti sembrano usciti da un corso serale di matematica creativa. E poi, naturalmente, bisogna andare a Roma, dai “farabutti.” Ma scusa, Bossi, a Roma non ci troviamo anche voi? O state parlando di qualcun altro?
Ah, e poi c’è il capitolo alimentare: vogliamo mangiare padano . Noi, invece, siciliano. Senza tutto quello schifo prodotto nei vostri stabilimenti industriali e nelle vostre aziende agricole. Perché, diciamocelo, se c’è una cosa che il Nord non fa mai, è inquinare o distruggere il territorio. Mai.
Ma il vero colpo di genio arriva quando Bossi propone magistrati di origini padane. Caro Bossi, sai che per fare il magistrato bisogna studiare, vero? Eppure, dati alla mano, il Nord non brilla certo per il numero di laureati. Forse potresti far laureare tuo figlio con uno di quei titoli comprati su internet. Così potrebbe diventare magistrato. Dopotutto, in Italia ormai le porcate sono all’ordine del giorno.
E poi, ovviamente, c’è la proposta di trasferire i ministeri da Roma a Milano, a cominciare da quello dell’Industria. Così finalmente non risentiranno della “burocrazia romana” e potranno occuparsi dei veri problemi delle industrie del Nord. Qui entra in scena Calderoli, con la consegna simbolica della Targa e della Villa Reale di Monza come nuova sede del ministero. Mi sembra di vedere una scena del film di Benigni, Johnny Stecchino : ricordate il gioco del ministero? Pura commedia, degna di un cabaret di provincia.
E mentre Maroni prende la parola per dire che la Brianza è piena di mafiosi (che devono essere trasformati in “soppressata” – peccato che la soppressata sia un insaccato tipico calabrese, non padano), non posso fare a meno di pensare: ma i mafiosi che cerchi, Bossi, non sono forse tutti padani? A cominciare dal tuo ex padrone di Parmalat?
Il discorso finisce con un po’ di retorica: le auto blu vanno eliminate (peccato che i vostri parlamentari le usino come taxi privati), i rimborsi elettorali devono essere uguali per tutti come in Europa, e bla bla bla. Ma il momento più interessante arriva quando Bossi ammette il cambiamento politico: ogni 15 anni, dice, la gente vuole cambiare. La sinistra sta tornando prepotentemente. E quindi? Quindi, conclude, bisogna continuare ad appoggiare Berlusconi. Ed ecco che partono i fischi. Bossi capisce la gaffe e cerca di rimediare: Berlusconi dovrà conquistarsi quel 10% di voti.
Finisce tutto con il solito coro: “SECESSIONE, SECESSIONE… PADANIA LIBERA… LIBERTÀ, LIBERTÀ!” E ancora: i principi universalistici del lavoro vanno rivisti. Il Nord che lavora non può continuare a pagare per chi non lavora. Ma scusa, caro Senatùr, tu quando mai hai lavorato? Vorrei conoscere i contributi versati all’INPS, tuoi e di tuo figlio, fino a oggi...
Mezz’ora di proclami per sentire solo cazzate. E quando finalmente sale a parlare Maroni (che si presenta dicendo: “Il CAPO ha già detto tutto e chi deve capire, capirà”), il TG5 chiude la trasmissione. Applausi, cori e i soliti ritornelli di un partito che ormai è lontano dal suo stesso popolo. Credo che finirà come per Bertinotti e Rifondazione Comunista: scomparso lui, scomparsi anche i suoi elettori.
La verità, alla fine, è sempre la stessa: le poltrone fanno gola a tutti. Nessuno, una volta seduto, vuole alzarsi. E neanche i leghisti fanno eccezione.
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