E quasi sempre per mano di chi diceva di amarle: mariti, compagni, ex. - tutti uomini che non hanno accettato un rifiuto, una fine, l’idea che una donna potesse esistere al di fuori del loro controllo!
E poi c’è lei, la ragazza della mia isola, uccisa da un'ossessione, da un amore malato che amore non era, perché l’amore non uccide, non possiede e soprattutto non tormenta...
Ma il problema non sono solo loro, già... quei brutali assassini, il problema è tutto ciò che li circonda e che, in un modo o nell’altro, permette che tutto questo accada ancora e ancora.
Mi riferisco a quei branchi di giovani che stuprano, sicuri che tanto nessuno di loro pagherà davvero, d'altronde lo vediamo, le famiglie corrono subito ai ripari, coprono con soldi i migliori legali, già... come se una vita violata fosse un incidente di percorso, sì... da sistemare in fretta e in silenzio.
Ma di cosa parliamo, di una giustizia che non giustizia, che lascia liberi i colpevoli e soprattutto abbandona le vittime due volte: la prima quando subiscono la violenza, la seconda quando lo Stato non le protegge!
E allora viene da guardare altrove, verso quei Paesi che noi definiamo "meno civili", ma dove, forse, la civiltà si misura in modo diverso. Lì, a uno stupro non seguono cavilli legali, avvocati d’assalto, pene scontate, lì, le conseguenze sono immediate, dolorose, e non solo per chi ha commesso il crimine, ma per tutta la sua famiglia.
Non starò qui a descrivere i metodi, perché non è questo il punto. Il punto è che lì, in qualche modo, quel male viene estirpato alla radice. Non c’è spazio per seconde chances quando si parla di violenza.
C’è solo la certezza che chi fa del male, lo pagherà. E pagherà caro...
Noi invece qui cosa facciamo? Discutiamo, ci indigniamo per qualche giorno, ascoltiamo in Chiesa quei banali sermoni, mandiamo palloncini al cielo, applaudiamo all'esterno (non si capisce cosa...) e poi tutto torna come prima!
I governi passano, le leggi rimangono inefficaci e ahimè, le vittime aumentano!
E allora viene da chiedersi: se uno Stato non è in grado di proteggere le sue donne, se le sue leggi non fermano i carnefici, se la sua giustizia non fa giustizia, forse è il momento di ammettere che qualcosa, in questo sistema, non funziona.
Forse è il momento di guardare altrove, di smetterla di crederci i più civili solo perché non usiamo i machete o i coccodrilli. Perché la civiltà dovrebbe significare sicurezza, rispetto, vita, ed invece, qui, oggi, per troppe donne, significa solo paura.
E allora cosa resta da fare? Continuare a scrivere, a urlare, a pretendere che le cose cambino???
Perché se lo Stato non agisce, saremo noi a doverlo costringere. Per quelle nove. Per tutte le altre. Per non doverci ritrovare, tra un anno, a contare ancora più morti!!!
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