Francesco ha parlato di povertà, di accoglienza, di misericordia. Sì... vero, ma ritengo che quello fosse il suo lavoro. Il copione lo imponeva!
D'altronde ditemi, ae avesse benedetto guerre o accumulato oro invece che predicare umiltà, non l'avremmo chiamato eretico? Eppure i suoi predecessori lo fecero per secoli, senza remore.
Allora perché oggi ci commuoviamo per un uomo che ha semplicemente recitato la parte migliore del testo? Forse perché ci piace credere che la bontà sia eccezione, non obbligo. Che un papa "giusto" sia un miracolo, non un dovere. Ma è qui che la fede mostra le sue crepe: se Dio è davvero onnipotente, perché ha bisogno di intermediari? Perché un uomo in bianco dovrebbe essere più vicino al divino di un barbone che dorme in stazione?
Ah, già… il Paradiso. Quella ricompensa ipotetica che trasforma la moralità in un calcolo: "Se mi comporto bene, andrò in un posto migliore". Peccato che la storia ci mostri l’esatto contrario. I più ferventi credenti spesso sono gli stessi che insultano online, che giudicano, che odiano in nome di Dio. Guardate i social: messaggi pieni di veleno, scritti da chi magari oggi piangeva in piazza San Pietro. Dov’è quindi la coerenza? Dov’è quel regno dei cieli che dovrebbe rendere migliori?
E poi, Dio… quel giudice eterno che, stando ai devoti, tiene conto di ogni nostro respiro. Ma davvero?
Se così fosse, avrebbe già cancellato l’umanità con un colpo di spugna. Invece siamo qui, minuscoli: lo 0,01% della biomassa terrestre, meno degli insetti, un’inezia del cosmo. Forse è proprio questo il punto: Dio non ci deve nulla. Se ancora esistiamo, non è per le preghiere, ma perché le formiche – quelle sì utili – non hanno ancora deciso di ribellarsi.
Quindi, piangete pure il papa, ma smettetela di illudervi che il cielo sia un referendum sulle vostre azioni. L’unico paradiso che conta è quello che costruiamo (o distruggiamo) qui. E a giudicare dai fatti, non sembriamo molto interessati a salvarlo!
Nessun commento:
Posta un commento