Già, fa schifo, se ci si ferma a riflettere...
Ogni giorno c’è chi si alza all’alba per guadagnare poche centinaia di euro al mese, ma non solo, pur di tifare la propria squadra del cuore, fa altresì sacrifici economici non indifferenti: abbonamenti, trasferte, merchandising e chi più ne ha più ne metta.
Per cosa? Per scoprire che alcune di quelle partite sono state vendute proprio da quelli che consideravano idoli.
Pare che siano 12 i calciatori di Serie A attualmente indagati dalla Procura di Milano per scommesse su piattaforme illecite, con atti già trasmessi alla Procura Figc per valutare eventuali violazioni dell’ordinamento sportivo (anche se, va detto, dalle prime indagini "non erano emerse fattispecie di rilievo disciplinare").
E non ci sono solo giocatori. Nell’inchiesta spunta anche un arbitro, accusato di aver sfruttato le proprie conoscenze nel mondo del calcio per agganciare i calciatori e metterli in contatto con i gestori dei siti illegali.
Proprio loro, i bookmaker, si occupano di ottenere in anticipo informazioni sui possibili risultati, chiedendo quote di scommesse non ancora pubblicate. Un giro da 300mila euro in contanti, più 1,2 milioni depositati su conti correnti italiani. I militari della Polizia Giudiziaria di Milano hanno sequestrato l’intera somma – circa 1,5 milioni – ritenuta provento del reato di riciclaggio, contestato a 5 indagati tra bookmaker e soci di un’attività commerciale.
Secondo l’inchiesta, per aggirare i limiti dei siti legali, avrebbero usato la procedura "senza uno zero": puntate con importi nominalmente inferiori, ma decuplicati nella realtà.
In pratica, l’attività funzionava come una banca parallela. I calciatori versavano somme ingenti nelle tasche dei gestori delle piattaforme illegali, regolando i conti attraverso bonifici camuffati da acquisti di beni di lusso mai realmente consegnati – una scusa per movimentare il denaro.
I PM sostengono che gli organizzatori abbiano sfruttato "un contesto socio-culturale di persone suggestionabili": calciatori poco più che ventenni, con stipendi enormi e una pericolosa propensione al gioco d’azzardo.
La Gdf ha già notificato il sequestro di 1,5 milioni di euro e richiesto gli arresti domiciliari per cinque persone: due gestori di piattaforme illegali e tre amministratori di attività commerciali, che avrebbero costruito un sistema per arricchirsi alle spalle degli atleti.
Ma la colpa, secondo me, non è solo loro. Il problema è tutto quel sistema in cui girano milioni e milioni, bilanci opachi con valori gonfiati, dove il "prezzo" di un giocatore diventa una voce di bilancio fumosa. E se poi volessimo parlare di sponsor, pubblicità e merchandising… beh, forse qualche Procura dovrebbe aprire un’altra inchiesta.
Sì... forse è ora di mandare a casa buona parte di questa casta di raccomandati, soprattutto chi si è macchiato di comportamenti antisportivi. Quanto a quelli che vogliono ancora giocare? Beh, meritano stipendi meno vertiginosi – perché, diciamocelo, a guardarli in campo, molti non dovrebbero neppure calcare quel maledetto rettangolo verde!.
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