Ma allora cos'è la crudeltà se non questo?
Apro il vocabolario Treccani e leggo: crudeltà – spietata durezza di cuore, tormenti inflitti con raffinata malvagità, sofferenza psichica inflitta con sistematica umiliazione e ancora più giù, nelle pieghe del diritto, si parla di crudeltà mentale come motivo valido per il divorzio perché il male non è solo sangue, è anche controllo, ossessione, lenta tortura dell’anima prima che del corpo.
Eppure qui non si tratta di sottigliezze psicologiche, qui ci sono 75 ferite aperte due aggressioni separate un accanimento che non può essere liquidato come “mancanza di esperienza”, già... come se uccidere fosse un mestiere che richiede pratica e il primo tentativo va perdonato perché goffo!
La Corte ha scritto che non ci sono elementi certi per dimostrare sofferenze gratuite e aggiuntive ma allora mi chiedo: Quali elementi servono oltre al corpo straziato di una donna? Quale dubbio può esistere quando i colpi non furono uno, non furono dieci, ma settantacinque?
Non è un caso che l’indignazione sia esplosa immediatamente, persino la sorella della vittima ha denunciato l’assurdità di questa logica che trasforma un massacro in un incidente tecnico e io mi chiedo se davvero serve una ferocia belluina per riconoscere l’odio perché forse il problema è proprio qui: ancora una volta si pretende che la violenza contro le donne abbia una scenografia da film dell’orrore per essere presa sul serio altrimenti è solo inesperienza un errore di percorso un eccesso momentaneo!
E invece no... ogni coltellata è una dichiarazione ogni ferita è un messaggio e quando diventano 75 non c’è più spazio per i dubbi, non ci sono attenuanti che tengano perché la verità è semplice: se in questo paese anche un numero così mostruoso di colpi non basta a far scattare l’aggravante della crudeltà allora è vero ciò che dice la sorella della vittima allora sono solo parole al vento i discorsi sulla tutela delle donne le promesse di cambiamento le leggi scritte ma mai applicate
Forse ha ragione Tajani quando dice che questa sentenza è un precedente agghiacciante perché se 75 coltellate non sono crudeltà allora cosa resta?
Permettetemi quindi di aggiungere una nota personale, perché il problema non è solo questa sentenza, non è solo l’assurdità di chiamare "inesperienza" 75 coltellate, non è neppure soltanto l’ennesimo femminicidio trasformato in un tecnicismo legale, il problema è che tutto questo non è un errore, non è un caso isolato, non è la svista di qualche giudice distratto...
È il sintomo di un sistema che ancora, ostinatamente, si rifiuta di riconoscere la violenza maschile per quello che è: non un raptus, non un incidente, non un eccesso passionale, ma un meccanismo di potere, un linguaggio fatto di possesso e distruzione.
Perché un sistema che continua a chiedersi "cosa l’ha provocato" invece di chiedersi "perché l’ha fatto", cerca attenuanti prima ancora di ascoltare le vittime, trasforma carnefici in uomini "travolti dalle circostanze" e le vittime "in casi da analizzare con distacco".
D'altro canto, un sistema che, persino di fronte a 75 coltellate, riesce ancora a parlare di "mancanza di esperienza" invece che di "odio", "eccesso" invece che di "premeditazione, di "dubbio" invece che di evidenza.
Finché continueremo a farlo, finché la crudeltà dovrà essere dimostrata come fosse un optional e non l’essenza stessa del femminicidio, allora nessuna legge basterà, perché le leggi possono condannare, ma solo la cultura può riconoscere...
Ed allora ditemi, cosa dovrà ancora succedere prima che si ammetta l’ovvio: che non esiste violenza contro le donne normale, che ogni femminicidio è già di per sé un atto di crudeltà e che finché continueremo a sminuirla a cercare scappatoie, a chiamarla "inesperienza" invece che "odio" nessuna donna sarà mai al sicuro, già... nessuna di loro!!!