Ed allora, eccovi la storia...
Nel 2008, Peng Gaofeng e sua moglie Xiong Yini vivevano una vita semplice ma piena d’amore a Shenzhen. Gestivano un piccolo supermercato, e ogni giorno era animato dalle risate del loro figlioletto, Lele, tre anni, vivace e con un sorriso capace di illuminare anche la giornata più grigia.
Quel 25 marzo, mentre Lele giocava all’ingresso del negozio, la vita della famiglia cambiò per sempre.
Già... un attimo di distrazione, un uomo sconosciuto che lo prende in braccio, un autobus che si allontana e poi… il vuoto.
Immaginatevi il panico, le urla disperate per le strade, i vicini che si uniscono alla ricerca, le lacrime che cancellano ogni speranza quando le immagini delle telecamere mostrano la verità: Lele era stato rapito!
Xiong Yini crolla, il dolore è troppo grande. Ma Peng Gaofeng no. Lui non può crollare, perché suo figlio è là fuori, da qualche parte, e lui deve trovarlo.
Chiude il negozio, affigge manifesti in ogni angolo della città, poi della provincia, poi della Cina intera.
Trasforma il suo supermercato in un santuario della memoria: le pareti vengono tappezzate di foto di Lele, ogni scaffale un promemoria, ogni cliente una possibile pista...
I giorni diventano mesi, i mesi anni. I risparmi si esauriscono, il corpo si consuma, ma non la determinazione. Perché ogni notte, prima di addormentarsi, Peng Gaofeng rivede il sorriso di Lele e sa che non può arrendersi.
Ecco che improvvisamente giunge una svolta inaspettata...
Già... erano passati tre anni, quando una telefonata anonima, dall’altra parte della Cina pronuncia queste parole: "Forse abbiamo visto vostro figlio."
Le mani tremano, il cuore batte all’impazzata e giunge anche una foto: sì... il tempo ha cambiato i lineamenti di quel piccolo, ma gli occhi sono ancora quelli. Sì... sono i suoi occhi!
Giunge finalmente in quella cittadina e avvisa la Polizia della segnalazione ricevuta e quel bambino viene portato in centrale...
Ed ecco che nella stazione di polizia di Pizhou, mentre il padre è seduto e attende speranzoso che qualche agente gli comunichi una qualche notizia, ecco che il miracolo si compie: Lele da lontano lo riconosce all’istante, inizia a correre verso di lui, lo abbraccia e grida "Papà!" come se quei tre anni non fossero mai passati.
E in quel momento, tutto il dolore, la paura, la disperazione, si sciolgono in un solo, infinito abbraccio.
So bene che Lele è stato fortunato. Ma quanti altri bambini non lo sono? Già... Quanti genitori, ancora oggi, aspettano un miracolo che non arriva? Quante madri fissano ancora la foto di un figlio perduto, chiedendosi: "Dov'è ora? Ha freddo? Ha fame? Si ricorda di me?"
Le istituzioni, le forze dell’ordine, noi tutti, dobbiamo fare di più. Perché anche solo una segnalazione, un’occhiata in più, un messaggio condiviso, può essere la differenza tra l’oblio e il ritorno a casa. La speranza è un dovere di tutti!
Questa storia ci ricorda due verità crudeli e bellissime: Il male esiste, e a volte colpisce nel modo più ingiusto, ma l’amore è più forte. L’amore di un padre che non si arrende, di una comunità che non dimentica, di un bambino che, nonostante tutto, ricorda.
Oggi, grazie alla tecnologia, ai social, alla consapevolezza collettiva, possiamo fare la differenza. Basta una segnalazione. Basta un gesto. Basta non voltarsi dall’altra parte.
Quindi non arrendiamoci e a tutti coloro che ancora cercano: La vostra storia non è finita.
Teniamo accesa la speranza. Perché se c’è una cosa che questa storia ci insegna, è che i miracoli accadono e a volte, basta un grido: "Papà!", per ricordarcelo.
PS: Se volete aiutare, dedicate qualche minuto al sito di "Chi l'ha visto?" della Rai. Chissà, potreste riconoscere un volto, ricordare un dettaglio, salvare una vita: https://www.chilhavisto.rai.it/dl/clv/Bambini_scomparsi/PublishingBlock-3e5ccddd-99cc-4a75-bdc0-1110f1316a62-0.html
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